[Versió catalana]


Giovanni Di Domenico

Professore di biblioteconomia
Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"

giovanni.didomenico@uniurb.it



Abstract [Abstract] [Resumen] [Resum]

Obiettivo. Analizzare le strategie e politiche di raccolta fondi praticate dalle biblioteche italiane.

Metodologia. Definizione della cornice culturale e metodologica del fund raising; descrizione e analisi dei mercati e della casistica del fund raising bibliotecario in Italia; individuazione delle principali problematiche organizzative del fund raising in ambito bibliotecario.

Risultati. Nella comunità bibliotecaria italiana sta crescendo l'interesse per il fund raising e per una migliore valorizzazione delle biblioteche, anche attraverso nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato. Le iniziative prese in questi anni risultano variegate: il settore ha ricevuto sostegni da una pluralità di soggetti e con diverse modalità (tesseramento; donazioni; sponsorizzazioni in denaro e tecniche; finanziamenti europei, di enti pubblici e fondazioni bancarie ecc.). Si pone ora il problema di passare a una fase più matura, caratterizzata da un approccio strategico al fund raising e da una maggiore competenza organizzativa e progettuale.


1 Introduzione

Il 10 giugno 2009 si è svolto, a Pesaro, il convegno "Le biblioteche italiane e il fund raising: stato dell'arte e prospettive",1 un evento organizzato dalla Sezione Marche dell'Associazione Italiana Biblioteche (AIB) a chiusura di un progetto dedicato alle problematiche della raccolta fondi e articolato in tre fasi: un intervento formativo,2 una ricognizione delle esperienze compiute o in corso (Di Domenico, 2008), un confronto (aperto ad aziende, operatori di settore e a contribuiti di studiosi e bibliotecari di altri Paesi europei) su orientamenti e programmi futuri delle strutture. Il progetto AIB è sorto in sintonia con un interesse crescente della comunità bibliotecaria italiana per il fund raising e per una migliore valorizzazione delle biblioteche, anche attraverso nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato.

Ma che cos'è, esattamente, il fund raising? Potremmo definirlo così: una strategia di reperimento e raccolta sistematica di fondi (ma, per estensione, anche di altre risorse: capitale umano, tecnologie ecc.), al fine di sostenere in modo continuo gli scopi istituzionali, le attività, i progetti, la crescita di un'organizzazione (Solima, 2004, p. 258-280; Ambrogetti; Coen Cagli; Milano, 2005; Foglio, 2005, p. 260-280; Melandri, 2007; Farolfi; Melandri, 2008). È una strategia che poggia su una solida cultura organizzativa e gestionale, che presenta importanti risvolti etici e che perciò non può essere ridotta a semplice tecnica, a un insieme di operazioni strumentali.

In area anglosassone, il fund raising bibliotecario vanta una consolidata tradizione3 e la letteratura biblioteconomica è da tempo ricca di monografie e articoli contenenti modelli, casistica e analisi delle esperienze (Swan, 2002; Reed; Nawalinski; Peterson, 2004; Gerding; MacKellar, 2006; Dowlin, 2009).4

In Italia, programmano e realizzano campagne e attività di fund raising soprattutto le organizzazioni che operano nel cosiddetto terzo settore (associazioni senza scopo di lucro, volontariato, promozione sociale ecc.); ma anche in campo culturale hanno preso piede, negli ultimi anni, piccole e grandi iniziative.

Molte biblioteche italiane sono consapevoli di essere in ritardo rispetto ad altre realtà e di dover passare da una fase segnata da esperienze piuttosto occasionali a una più matura, nella quale la ricerca e la raccolta di fondi assumano un compiuto carattere strategico e siano coerentemente finalizzate al miglioramento dell'offerta documentaria e di servizio (in termini di accessibilità, ampiezza, qualità). Il fund raising ha, peraltro, natura trasversale (tocca tutti i settori e i processi della biblioteca) e permanente (riguarda il rapporto nel tempo tra le finalità della biblioteca e la sua sostenibilità economica). Ce n'è abbastanza per considerare gravoso l'impegno professionale, organizzativo e d'investimento che la prospettiva di un fund raising strategico richiede alle biblioteche e ai bibliotecari. Sviluppare programmi e attività di fund raising e acquisire le competenze necessarie sono, per le biblioteche italiane, altrettanti aspetti di complessità organizzativa interna, poiché l'adozione di metodi sistematici per il reperimento di risorse comporta cambiamenti profondi nel quadro cognitivo e nelle gerarchie di priorità dentro le quali esse sono abituate a posizionare il problema del costo e del finanziamento dei propri servizi.

Non si tratta soltanto di porre rimedio al crescente deficit di finanziamenti istituzionali o di incrementare le proprie risorse. Va, anzi, evitata la tentazione di rispondere alle difficoltà in cui si dibattono le biblioteche italiane (quasi tutte) consegnandosi alle sole dinamiche di mercato e coltivando illusori disegni di privatizzazione strisciante: il primato della responsabilità pubblica, nel caso dei "beni di merito", non può essere messo in discussione. C'è, infatti, un rischio di fraintendimento: quello di costruire una fisionomia istituzionale, documentaria e di servizio prevalentemente giocata dentro gli scambi di mercato. Non è la strada giusta. Sappiamo che il valore del patrimonio culturale e documentario allestito, conservato e gestito dalle istituzioni della memoria e della conoscenza registrata non è immediatamente traducibile in termini monetari: il valore di questo patrimonio può essere apprezzato solo come elemento costitutivo dell'identità culturale e dei progressi di un Paese, di una comunità di ricerca o di una comunità territoriale. Non ci sono dubbi su questo punto. Esiste però un valore economico diretto e indiretto per prodotti o servizi bibliotecari, di cui possono beneficiare altri settori (mondo della ricerca, della scuola, editoria, ma anche turismo, anche i media). Dunque: la storia, la missione, il valore della biblioteca oltrepassano la dimensione del mercato e delle sue regole, laddove, invece, i prodotti e i servizi bibliotecari devono far i conti con una realtà competitiva, nella quale esistono altri soggetti e canali che offrono cultura, informazione, documenti, percorsi di conoscenza. Solo in questo senso è indispensabile per tutte le biblioteche, indipendentemente dalle specificità istituzionali e ambientali, darsi strategie, leve e modelli di marketing e fund raising. Quest'ultimo rappresenta una grande opportunità, per ampliare il raggio d'azione delle biblioteche, migliorarne la capacità di progetto e di comunicazione, farne conoscere e apprezzare la funzione e gli obiettivi, metterle in relazione con nuovi mondi e culture, sperimentare forme avanzate di collaborazione con diversi soggetti pubblici e privati, assicurare apprezzabili vantaggi agli utenti e alle comunità di riferimento.


2 I mercati del fund raising bibliotecario

In questa fase, è necessario che si sviluppi un orientamento largamente favorevole al fund raising tra bibliotecari e amministratori e si diffondano e condividano le buone pratiche. Inoltre, va approfondita la conoscenza dei mercati di fund raising e del quadro normativo e fiscale in cui si opera, per poi sperimentare soluzioni corrispondenti a diversi contesti: istituzionali (biblioteche statali, universitarie, pubbliche, scolastiche ecc.), di servizio, di rapporto con un territorio, una comunità di studio, una categoria professionale ecc. Tutto ciò implica, naturalmente, che si acquisiscano (attraverso percorsi formativi ed esperienze sul campo) nuove competenze gestionali intorno alla programmazione, realizzazione, valutazione e comunicazione delle attività di fund raising.

In una monografia relativamente recente (Foglio, 2005, p. 262-263), sono elencate le seguenti opportunità di ricerca fondi a disposizione degli organismi culturali:

Le biblioteche italiane hanno variamente utilizzato molti di questi canali. È il caso di soffermarsi, tuttavia, sulla selezione dei mercati, delle fonti, delle opportunità che più frequentemente si presentano alle biblioteche in cerca di sostenitori.


2.1 Il tesseramento

Alcune biblioteche pubbliche italiane rilasciano una tessera a pagamento (bibliocard). Nel caso più noto, quello delle Biblioteche di Roma,5 i suoi caratteri distintivi sono il costo contenuto (cinque euro), una serie di servizi riservati (navigazione Internet, posta elettronica, uso di programmi chat, prestito interbibliotecario all'interno del sistema, consulenza bibliografica in linea), la possibilità per gli utenti di ottenere agevolazioni e sconti presso istituzioni culturali pubbliche ed esercizi convenzionati.6 A Roma la bibliocard ha ottenuto un notevole successo, garantendo entrate annue per circa 120.000 euro. Il tesseramento, però, è soprattutto un valido strumento per la promozione del senso di appartenenza e per la fidelizzazione degli utenti, concorre all'inserimento della biblioteca in una più vasta rete di servizi culturali, la accredita come un buon partner per i soggetti commerciali attivi sul territorio. Come ha dichiarato Igino Poggiali,7 in un'intervista curata da Vittorio Ponzani (Di Domenico, 2008, p. 74), esso favorisce gli utenti "nell'accesso a prodotti e servizi culturali che contribuiscono alla crescita della loro capacità intellettuale. Nel nostro bilancio conta anche quanto siamo capaci di indurre consumi evoluti e desiderabili".


2.2 Gli amici della biblioteca

Un'altra strada che consente di procurare risorse aggiuntive alla biblioteca pubblica passa per la costituzione di un'associazione di amici della biblioteca.8 Negli Stati Uniti queste associazioni svolgono funzioni di supporto e comunicazione (advocacy, lobbying), che può rivelarsi particolarmente preziosa, se applicata all'organizzazione di campagne, periodiche o straordinarie, di raccolta fondi.9 Una campagna "firmata" dagli amici della biblioteca ha spesso maggiori possibilità di riuscita (Dolnick, 2004; Herring, 2004; Reed; Nawalinski; Peterson, 2004). Per esempio, la Roseau Area Friends of The Library (Minnesota) raccoglie fondi per la biblioteca mediante la distribuzione di una brochure, che invita a sottoscrivere una quota in memoria o in onore di una persona. Un'altra associazione di amici della biblioteca (la Swampscott Public Library nel Massachusetts) mette in vendita una memorial card dal costo minimo di 5 dollari, sempre per donazioni fatte in memoria o in onore di qualcuno. Un buon esempio di advocacy ci giunge infine dagli amici della Norfolk Public Library in Virginia, i quali hanno promosso con successo una campagna di massa ("1 % for Libraries") volta a sollecitare un incremento del finanziamento cittadino destinato alla biblioteca.

A differenza di quanto accade nella realtà statunitense, il fund raising non è oggi, in Italia, tra gli obiettivi primari di questi organismi, che s'impegnano soprattutto nelle attività di volontariato e di promozione culturale. Si registra anche una certa perplessità da parte dei bibliotecari circa un loro possibile e utile coinvolgimento nelle campagne di raccolta fondi. Pure, qualche sperimentazione, adeguatamente contestualizzata, andrebbe fatta. Decisiva, in cambio del sostegno eventualmente ricevuto, sarebbe la duplice capacità della biblioteca da un lato di offrire all'associazione in quanto tale spazi reali di confronto e condivisione dei propri obiettivi e delle proprie scelte, dall'altro di mettere a disposizione dei singoli soci benefici e riconoscimenti esclusivi.


2.3 Le donazioni ed erogazioni liberali dei cittadini

Qui siamo in presenza di un duplice livello di difficoltà. È storicamente modesto, intanto, l'orientamento a sostenere le organizzazioni culturali, a fronte di un aumento continuo delle donazioni. I cittadini italiani tendono (con qualche ragione) a privilegiare altre cause: ricerca medica, lotta contro la fame nel mondo, emergenze (guerre, calamità), adozione a distanza, povertà in Italia ecc. I dati più recenti forniti dal Ministero per i beni e le attività culturali segnalano, tuttavia, erogazioni liberali delle persone fisiche in forte crescita: 2.379.014 euro nel 2005, 11.665.591 euro nel 2006, 19.846.902 euro nel 2007.10 L'incremento è dovuto, in buona parte, ad alcune misure di defiscalizzazione della liberalità per la cultura, introdotte dal 2005 (Grossi, 2008, p. 205).

È ancor più modesto il richiamo delle biblioteche pubbliche (e degli archivi) rispetto agli altri beni e servizi culturali (arte, monumenti, musei ecc.).

Sulle ragioni storiche, sociali e culturali di questo doppio divario sarebbe opportuno riflettere in maniera non troppo sbrigativa. Sicuramente incide, ed è diffusa nel nostro Paese (e in una parte non piccola della stessa comunità dei bibliotecari), l'idea che appartenenza e finanziamento istituzionale delle biblioteche siano, o debbano essere, sufficienti a circoscriverne identità, sostenibilità e prospettive di sviluppo. Acquisire consapevolezza del problema è senz'altro il primo passo da compiere. Il secondo è non rinunciare preventivamente a proporsi in maniera più convinta e continua sul mercato delle donazioni private. Il terzo è conquistare più alti livelli di riconoscimento e apprezzamento per il valore, il ruolo e le attività delle biblioteche pubbliche e contestualmente riuscire a suscitare interesse e sensibilità per il contributo che ciascun cittadino può dare alla loro causa.11 Bisogna, infine, ideare soluzioni (eventi annuali, campagne straordinarie ecc.) che garantiscano buone entrate alle strutture e adeguati vantaggi (soprattutto ideali, relazionali e morali) ai donatori, ma con investimenti contenuti da parte delle biblioteche e con piccole elargizioni da parte dei donatori stessi.

Poco frequentata, in Italia, è la pratica del mecenatismo e delle grandi donazioni personali di denaro. In questo campo, si misura, forse, la nostra maggior distanza dalla corposa tradizione filantropica d'oltreoceano, ma è anche vero che solo da qualche anno, come si diceva, le agevolazioni fiscali per le persone fisiche tendono sensibilmente a stimolare le erogazioni liberali a beneficio del settore culturale. Il mecenatismo nasce di solito con riferimento a situazioni locali e trae spinta e motivazioni da forti sentimenti di appartenenza alla comunità di cui il soggetto beneficiario è parte, oltre che da valori personali o da desiderio di posterità. Esso non si esaurisce, peraltro, nella dimensione della cittadinanza: esistono casi di mecenatismo individuale che si possono ricondurre al particolare rapporto d'identificazione di una persona con una data realtà istituzionale, come un ateneo, una scuola, una fondazione ecc. Antica e radicata tradizione italiana è quella dei lasciti di collezioni librarie private a favore di biblioteche statali, pubbliche e universitarie. Un esempio di questi ultimi anni ci porta a Urbino e alla ricca biblioteca personale di Carlo Bo (circa 100.000 titoli), da lui donata all'ateneo che ora porta il suo nome e affidata a una fondazione.12


2.4 Le donazioni ed erogazioni liberali delle imprese

È già consistente il numero delle aziende italiane che si sono date strategie e comportamenti di intervento nel campo della cultura e in altri settori, al fine di accreditarsi sul versante della responsabilità sociale. Il cosiddetto corporate giving contribuisce alla promozione di una causa socialmente rilevante, mediante contributi economici diretti o altre forme di collaborazione (disponibilità di prodotti, servizi o know-how, marketing sociale ecc.) perseguendo, a un tempo, obiettivi aziendali, come la valorizzazione e il consolidamento della propria identità, un buon posizionamento etico, un miglior rapporto con tutti i soggetti interessati alla vita e alle attività delle aziende (Michelini, 2003).

Queste iniziative sono però sovente poco strutturate, occasionali, e palesano una debole caratura progettuale, specie se ci si allontana dalla grande o media impresa. Anche se ultimamente alcuni investimenti tendono ad assumere carattere strategico e specifico (Melandri, 2007, p. 235), si notano limiti d'inefficacia, dovuti anche ai gravi ritardi accumulatisi prima che si potesse disporre di un quadro normativo in grado d'incoraggiare almeno parzialmente l'apporto del mecenatismo aziendale. Nel caso degli aiuti alla cultura e allo spettacolo, gli incentivi fiscali in vigore non sembrano, del resto, produrre miracoli (Berna Berionni, 2008, p. 203):

Nel 2007 torna a crescere l'importo delle erogazioni liberali [delle persone giuridiche] destinate a beni e attività culturali. La norma introdotta nel 2000, che prevede la deducibilità delle erogazioni liberali a favore della cultura, sembra però mostrare i suoi limiti. Gli stanziamenti sono ormai fermi alla cifra dei 32 milioni di euro, ben al di sotto del limite posto dal legislatore a 52 milioni.

Per quanto riguarda le biblioteche, non sono mancate, negli anni scorsi, buone iniziative, come "Adotta una biblioteca", una campagna del Comune di Roma rivolta alle aziende locali, con lo scopo di sostenere le biblioteche di quartiere.

La crisi economica e finanziaria sta causando, peraltro, una visibile riduzione della disponibilità a donare. Per valutare correttamente le potenzialità di questo mercato dal punto di vista delle biblioteche, è indispensabile, allora, approfondire l'analisi delle tendenze in atto. Una, in particolare, può molto interessare i sistemi bibliotecari degli atenei. Alludo alle campagne delle università (per adesso prevalentemente private, come la Bocconi di Milano)13 che, sul modello americano,14 coinvolgono imprese e reti di ex studenti in progetti di lungo periodo, volti ad aprire nuovi spazi di confronto e d'interazione con la cultura d'impresa, la società civile, il mondo delle professioni. I riscontri iniziali, sul piano della raccolta fondi non sembrano dappertutto confortanti, ma si sa che processi di questo genere richiedono tempi piuttosto lunghi. Le biblioteche accademiche dovrebbero, in ogni caso, organizzare momenti efficaci d'informazione e sensibilizzazione intorno a quest'opportunità e, contemporaneamente, proporsi in maniera persuasiva come strutture destinatarie di una fetta delle risorse generate.

Riveste poi un certo significato il corrente fenomeno di esternalizzazione strategica del corporate giving a scopi sociali e filantropici, che sta portando alla costituzione di diverse fondazioni d'impresa, d'origine familiare o squisitamente imprenditoriale. Sono organizzazioni attraverso le quali le imprese ridistribuiscono socialmente una parte del valore economico creato. Le fondazioni possono contare, però, su risorse patrimoniali non sempre ingenti: a parte il capitale iniziale, vivono di donazioni delle aziende da cui sono nate e, in alcuni casi, di sovvenzioni pubbliche. Operano comunque in autonomia, pur conservando un rapporto assai stretto, di natura culturale, identitaria e d'indirizzo, con le aziende fondatrici.15 Un'indagine, promossa dalla Fondazione Eni Enrico Mattei nel 2005 e svolta su di un campione di 47 fondazioni, mostra una convinta propensione di questi soggetti a sostenere la diffusione e promozione culturale (Lenzi e Raffaelli, 2005).

Alcune fondazioni d'impresa curano direttamente, tra l'altro, la conservazione di patrimoni documentari (Fondazione Agnelli, fondazioni nate da case editrici, come Einaudi, Feltrinelli, Mazzotta, Mondadori), ma altre selezionano, finanziano (anche con contratti di sponsorizzazione)16 e talvolta gestiscono in partnership progetti esterni, pubblici o privati.


2.5 Le sponsorizzazioni e il licensing

Una lettura dei processi correnti coinvolge inevitabilmente anche le sponsorizzazioni culturali (attuate attraverso contratti di finanziamento o sostegno tecnico, in cambio di visibilità di un nome, di un marchio, di un'attività o di un prodotto) e le loro finalità, direttamente o indirettamente commerciali e di comunicazione "orientata al mercato" (Severino, 2006). È un settore altalenante, come del resto quasi tutti quelli del fund raising, che dipendono strettamente dallo stato di salute generale dell'economia. Tra il 2000 e il 2008, le sponsorizzazioni sono aumentate di circa il 13 %, con una ripartizione interna che segnalava, per il 2008, in termini previsionali, lo sport al 63 %, l'utilità sociale e la solidarietà al 22 % e la cultura al 15 % (Berna Berionni, 2008, p. 200). Purtroppo, gli effetti della crisi sono destinati a farsi sentire: per il 2009 si prevede un meno 8,6 % di sponsorizzazioni per la cultura rispetto al 2008.

Diverse biblioteche, grazie alle sponsorizzazioni, hanno ottenuto, fino a oggi, contributi più o meno consistenti per mostre, eventi, restauri di manoscritti e volumi a stampa, innovazione tecnologica ecc.17 Il ricorso alla sponsorizzazione resta soprattutto collegato all'organizzazione di eventi (e non è questo il cuore strategico delle biblioteche) o alla realizzazione di interventi, comunque eccezionali, perlopiù di valorizzazione e tutela dei beni culturali. La ricerca, senz'altro fisiologica e legittima, della risonanza mediatica influisce notevolmente sui comportamenti e sulle scelte dei soggetti privati, perciò spesso si tralasciano progetti bibliotecari magari importanti ma di ridotta visibilità. Meglio perciò non assolutizzare né enfatizzare questo mercato. È importante, inoltre, non sbagliare la scelta dello sponsor. Serve un comportamento accorto da parte delle amministrazioni pubbliche in generale, e delle biblioteche in particolare, nell'individuazione di sponsor che non solo forniscano garanzie etiche, di serietà e di correttezza,18 ma che per missione e posizionamento siano sufficientemente "compatibili" con le finalità e le funzioni istituzionali.

Serve molto, di contro, anche la capacità di confrontarsi con la cultura d'impresa e interagire in maniera produttiva con il punto di vista e le esigenze degli sponsor, i quali si aspettano ritorni dai propri investimenti (visibilità dell'azienda e dei suoi prodotti, possibilità di soddisfare i propri clienti e acquisirne di nuovi, vantaggi competitivi, incremento del fatturato ecc.), il che presuppone il possesso di competenze professionali e organizzative in materia di presentazione e pianificazione dei progetti e delle attività, informazione costante "a due vie", una seria valutazione e rendicontazione dei risultati.

L'oggetto della sponsorizzazione, gli obiettivi e gli obblighi dei partner, la definizione del loro scambio e della relativa durata, gli aspetti finanziari e legali ecc. devono essere, in ogni caso, formalizzati mediante un contratto di sponsorizzazione chiaro e completo, preceduto da una proposta di sponsorizzazione redatta accuratamente, nella quale figurino una presentazione del soggetto proponente, una precisa descrizione del progetto, i vantaggi offerti allo sponsor, il costo e le modalità di pagamento, il tipo di contratto da stipulare (Foglio, 2005, p. 266).

È ormai diffusa, nelle imprese, anche la convinzione che la propria immagine possa altamente beneficiare delle ricadute valoriali e simboliche derivanti dallo sfruttamento di un determinato brand culturale (Sterpi, 2005). È opportuno, allora, verificare in maniera più estesa, anche nel campo delle biblioteche, fin dove siano proponibili modalità di collaborazione come il licensing, che consiste nella concessione, in cambio di un corrispettivo economico, di un marchio culturale (evidentemente di buon prestigio) a un soggetto privato che intenda associarlo a un proprio prodotto (ma qui valgano le regole di prudenza di cui si è già detto).


2.6 Il partenariato

Recenti interviste a uomini d'azienda (Di Domenico, 2008, p. 117-134) confermano una buona predisposizione a investire sulle biblioteche: le esperienze già compiute sono valutate in maniera sostanzialmente positiva; in più, si esprime una convinta disponibilità a ripeterle, sia pure dentro un orientamento tendente a diversificare gli investimenti in cultura. Gli interventi di sponsorizzazione, donazione e cooperazione sono sempre ricondotti alla missione aziendale ma anche, in alcuni casi, a principii di responsabilità sociale. Il primo criterio di scelta dei partner pubblici è individuato nella qualità dei loro programmi e progetti più che in elementi di carattere dimensionale o di notorietà, ma quali modelli vincenti risultano la collaborazione durevole e la condivisione di responsabilità nella realizzazione di progetti. Parallelamente, si considera decisiva la valenza dei processi e contenuti comunicativi del fund raising, sotto il profilo relazionale, della rendicontazione, del posizionamento di mercato e/o sociale. Infine, le imprese hanno bisogno di trovare, nei bibliotecari, interlocutori competenti, in grado di presentare bene i propri progetti e attività (Carpenter, 2008), fornire reciprocità e informazione costante, predisporre piani operativi, valutare e documentare risultati ecc.

Ci si convince, leggendo queste interviste, che le opportunità di sostegno e collaborazione offerte dalle imprese possano apprezzabilmente crescere solo per le biblioteche capaci di attingere un concetto "alto" del fund raising: un ambito di conoscenza, apprendimento, apertura culturale, non una semplice tecnica per procurarsi introiti.

Più in generale, stiamo assistendo, anche in Italia, al manifestarsi, nei rapporti tra aziende e istituzioni culturali, di forme di cooperazione più efficaci e durature delle sponsorizzazioni tradizionali.19 Emerge una chiara indicazione a favore di una partnership proiettata anche nel futuro e costruita su cultura di progetto, scambi di comunicazione, chiarezza degli obiettivi, valutazione dei risultati. Forse è presto per affermarlo con certezza, ma proprio partenariato e condivisione di progetti, più che la semplice erogazione di un contributo, sembrano gli elementi destinati a qualificare negli anni a venire scelte d'investimento gradualmente più selettive, mirate, articolate nelle loro forme.

Reca il segno della continuità e della densità di rapporto anche la creazione di circoli di imprese, intenzionate ad affiancare e a sostenere un'organizzazione culturale di cui condividano la missione e gli obiettivi (Martinoni, 2006, p. 180). Un esempio felice è il Circolo Queriniano della Fondazione Querini Stampalia di Venezia.20 In questo caso, tra i sostenitori coinvolti (con una quota annua di 15.000 euro per almeno tre anni) vi sono anche alcuni enti pubblici.

Per le biblioteche s'impone, in ogni caso, la necessità di ampliare al più presto la credibilità e le competenze organizzative che permettano loro di proporsi come partner affidabili e di prospettiva per il mondo delle imprese.


2.7 Le fondazioni di origine bancaria

Le ottantotto fondazioni di origine bancaria, concentrate prevalentemente nell'Italia centro-settentrionale,21 sono persone giuridiche senza finalità di lucro, godono di autonomia statutaria e gestionale, perseguono fini istituzionali di utilità sociale e promozione dello sviluppo economico. I patrimoni di cui dispongono sono considerevoli (con un valore contabile pari, complessivamente, a 48.759 milioni di euro al 31 dicembre 2007) e vengono investiti in una serie di attività fruttifere, perlopiù di natura finanziaria. Con i proventi realizzati si finanziano interventi di tipo sociale, scientifico, culturale e umanitario, segnatamente nelle realtà territoriali in cui le fondazioni stesse operano. Consultando l'ultimo rapporto annuale dell'Associazione delle Casse di Risparmio Italiane e delle Fondazioni di Origine Bancaria (ACRI, 2008), si apprende che nel corso del 2007 le fondazioni hanno effettuato 29.375 interventi ed erogato 1.715,1 milioni di euro. La scomposizione dei dati per settori ammessi fa registrare, limitatamente alle prime cinque posizioni, la graduatoria di cui alla Tavola 1.


SettoriImporti in milioni di euroImporti %Numero degli interventiNumero degli interventi %
Arte, attività e beni culturali
524,2
30,6 %
10.532
35,9 %
Ricerca
247,0
14,4 %
1.947
6,6 %
Educazione, istruzione e formazione
206,6
12,0 %
4.811
16,4 %
Volontariato, filantropia e beneficenza
178,7
10,4 %
3.168
10,8 %
Sviluppo locale
177,6
10,4 %
1.508
5,1 %

Tavola 1. Fondazioni bancarie: distribuzione dei finanziamenti erogati nel 2007


Il primo posto del settore "arte/cultura" è ovviamente di grande rilevanza. Messa a confronto con il 2006, la distribuzione degli importi riflette poche novità: arte e cultura rimangono stabilmente al primo posto (- 0,1 %), la ricerca sale dal 10,8 % al 14,4 %, il settore "volontariato, filantropia e beneficenza" è in flessione (dal 16,8 % al 10,4 %).

Può essere utile esaminare anche la distribuzione interna degli importi e degli interventi nel settore “arte, attività, beni culturali” (Tavola 2).


AreeImporti in milioni di euroImporti % sul totale del settoreNumero degli interventiNumero degli interventi % sul totale del settore
Conservazione e valorizzazione dei beni architettonici e archeologici
176,7
33,7 %
1.892
18,0 %
Creazioni e interpretazioni artistiche e letterarie
100,4
19,2 %
2.516
23,9 %
Altre attività culturali e artistiche
94,6
18,0 %
2.516
29,8 %
Attività dei musei
54,7
10,4 %
422
4,0 %
Non classificato
37,9
7,2 %
1.125
10,7 %
Arti visive
34,1
6,5 %
450
4,3 %
Attività di biblioteche e archivi
16,7
3,2 %
258
2,4 %
Editoria e altri mezzi di comunicazione
9,2
1,8 %
731
6,9 %

Tavola 2. Fondazioni bancarie: distribuzione dei finanziamenti erogati nel 2007 a beneficio del settore “arte/cultura”


Sempre rispetto all'anno precedente, nel settore assistiamo a una piccola redistribuzione dei finanziamenti, che si riducono per i beni architettonici e archeologici (- 4,1 %) e per le altre attività culturali e artistiche (- 2,1 %), mentre crescono in misura minima per le altre voci.

I dati di biblioteche e archivi appaiono modesti (seppure non disprezzabili, considerando anche che interventi per le biblioteche, soprattutto di tipo infrastrutturale, figurano sotto altre voci). Si registra un segno positivo (nel 2006, l'importo erogato era stato pari al 2,2 % del totale di settore), ma si deve fare di più: la funzione di sostegno delle fondazioni bancarie è troppo importante, perché se ne possa trascurare l'impatto sul settore bibliotecario e archivistico. Occorre indagare le cause del ritardo, correre ai ripari, affrontando il problema da entrambi i lati: una migliore conoscenza delle procedure e dei criteri di selezione adottati dalle fondazioni; la capacità di risultare affidabili e di competere validamente con altri soggetti (e qui torna il tema, centralissimo, delle competenze organizzative e professionali in materia di gestione per progetti e di fund raising in senso stretto).

L'orientamento attuale delle fondazioni premia attività di censimento, catalogazione e archiviazione di fondi librari e documentali, con particolare riguardo per l'innovazione e le applicazioni in tecnologia digitale e multimediale.22 Nulla esclude che possano essere apprezzati, se resi noti, anche altri aspetti e attività di servizio e che possano essere colte più articolate esigenze di finanziamento.


2.8 L'autofinanziamento

Le biblioteche possono ricavare entrate anche dalla fornitura di alcuni servizi "extra". Per esempio, a parte le tradizionali politiche di rimborso spese (per fotocopie, prestito interbibliotecario e fornitura documenti), sta prendendo corpo, in area universitaria, l'ipotesi di riscuotere un contributo dagli utenti non istituzionali. Alcune biblioteche accademiche hanno già stipulato convenzioni (o contano di farlo) con ordini professionali, enti, banche, aziende, ospedali. In virtù di questi accordi, si erogano servizi e accessi a professionisti, a dipendenti, o comunque a persone accreditate, contro compensi forfetari e/o quote d’iscrizione.

Altre entrate di varia consistenza (che le strutture possono destinare alla copertura di spese di funzionamento, canoni di accesso, estensione dei servizi) possono derivare dalla vendita di prodotti (pubblicazioni istituzionali, gadget ecc.), dalla locazione di spazi per finalità espositive, commerciali, di convegnistica, da servizi di accoglienza, ospitalità e assistenza culturale.23


2.9 Contributi e finanziamenti comunitari, statali, di altri enti pubblici

Dal costante monitoraggio di norme, programmi e bandi di UE, Stato, Regioni, enti locali dipendono non poche occasioni di finanziamento per i progetti e l'innovazione in biblioteca (Foglio, 2005, p. 268-273). I bandi pubblici riflettono politiche e programmi che intendono incentivare la crescita di uno o più settori o ambiti d'intervento della vita sociale, economica e culturale, in applicazione di norme e decisioni assunte dai diversi soggetti, secondo le materie di competenza.

Diversi programmi e bandi pubblici, dell'Unione europea in primo luogo, riguardano l'organizzazione, la diffusione e la conservazione della conoscenza e della cultura, soprattutto in relazione all'uso delle tecnologie digitali e di rete. Si tratta di presentare progetti (solitamente, almeno in parte, cofinanziati) che si raccomandino per la loro portata innovativa, la valenza sociale e i vantaggi di servizio e culturali che promettono. Per concorrere a un finanziamento europeo, in particolare, bisogna scegliere buoni e accreditati partner, avere una certa familiarità con formulari e modulistica da compilare e con le norme redazionali da rispettare, saper gestire anche sotto il profilo amministrativo un progetto e saperlo rendicontare (Di Domenico, 2006, p. 67-72).24 Specifiche occasioni formative in materia di "europrogettazione" per i bibliotecari italiani sono state, però, organizzate solo episodicamente.


3 Il fund raising come cultura organizzativa

Se complessivamente il fund raising si presenta come un insieme autonomo, è tuttavia altrettanto evidente la contiguità, talvolta la sovrapposizione dei suoi processi con altre problematiche organizzative frequentate dai bibliotecari, basti pensare al marketing, alla qualità, alla gestione per progetti, alla comunicazione organizzativa:

L'esistenza di legami del genere conforta, in fondo, l'opportunità di ampliare in queste direzioni il bagaglio professionale dei bibliotecari e la necessità di non smarrire le ragioni, scientificamente fondate e anche piuttosto concrete, che hanno spinto una parte della biblioteconomia a dialogare, e per un certo verso a integrarsi, con le discipline sociali e organizzative.


3.1 Gli aspetti etici e relazionali del fund raising

Il fund raising si presenta, indubbiamente, come un complesso coerente di culture e pratiche organizzative, che coltiva alcune specifiche esigenze di analisi, relative alle fonti, ai canali, ai risvolti giuridici, fiscali e istituzionali dei finanziamenti. Occorre districarsi tra forme pubbliche o private, dirette o concorsuali di sovvenzione, occorre imparare a farsi strada all'interno di un particolare mercato. Alle biblioteche, come abbiamo visto, possono arrivare contributi da persone fisiche, dalle aziende, dalle fondazioni bancarie o d'impresa, da enti pubblici ecc. Ciascuno di questi interlocutori persegue una propria politica d'investimento nel settore dei beni e delle attività culturali, dettata, per esempio, dalla necessità di legittimarsi sotto l'aspetto della responsabilità sociale o di assicurarsi un buon posizionamento di mercato (è il caso delle imprese), oppure di dare attuazione a specifiche finalità istituzionali (le fondazioni), o ancora di fornire un minimo di sostegno ai progetti rilevanti per lo sviluppo culturale, turistico, economico di un territorio (gli enti territoriali). Una richiesta di contributo, anche se di modesta entità, dovrebbe sempre entrare in sintonia con questi orientamenti e contenere esplicite garanzie di un ritorno vantaggioso per gli obiettivi del finanziatore.

A giusta ragione, la letteratura sul fund raising insiste anche sulla natura relazionale e meta-economica degli scambi in questo settore (Rosso; Tempel; Melandri, 2004): le utilità riconosciute ai finanziatori sono un'ottima cosa, ma da sole non assicurano soddisfazione e fedeltà nel tempo. Giocano altri elementi: la fiducia, l'onestà, l'attendibilità, l'affidabilità, la lealtà, la cortesia ecc., tutti fattori di tipo etico e relazionale, che impegnano tanto le persone quanto le organizzazioni (Solima, 2004, p. 264; Ambrogetti; Coen Cagli; Milano, 2005, p. 210). Non a caso, è stata elaborata una "carta della donazione", che non conviene ignorare e che individua i diritti del sostenitore, i diritti dei destinatari delle attività sostenute e la responsabilità delle organizzazioni beneficiarie del sostegno (Rosso; Tempel; Melandri, 2004, p. 486-488).

In termini più vasti, l’attuazione di un programma di fund raising comporta precise responsabilità e obblighi di trasparenza e rendicontazione anche per le biblioteche: tutti i soggetti interessati devono essere tenuti al corrente di ciò che si è realizzato e di come sono state impiegate le risorse acquisite. Inoltre, nei modi più opportuni, essi dovrebbero essere coinvolti nei processi decisionali che determinano la destinazione delle loro sovvenzioni. Un impegno che si può mantenere solo attivando un sistema, di valutazione prima e di comunicazione poi, dell'efficacia e della qualità dei risultati ottenuti, e ciò in termini di coerenza istituzionale, raggiungimento degli obiettivi fissati, impatto e sostenibilità sociale.

L'obbligo di rendicontazione rappresenta l'indispensabile risposta alla domanda di responsabilità sociale e di etica pubblica, in un'epoca in cui si manifestano effetti infelici della globalizzazione, danni ambientali, crisi finanziaria, uso distorto delle risorse ecc. Le biblioteche italiane non possono, a loro volta, ignorare queste condizioni. A tal proposito, la redazione e la diffusione di un bilancio sociale (frutto di una virtuosa combinazione di gestione accorta e responsabile, valutazione pertinente e comunicazione mirata) può diventare, oltre che un autentico punto di forza del fund raising bibliotecario, anche una risorsa per una più completa legittimazione delle biblioteche stesse (Di Domenico, 2009, p. 115-117).


3.2 Gli strumenti del fund raising

Esiste un divario netto fra l'esigenza (sempre più larga e sentita) di procurarsi risorse e aiuti e l'attenzione che il mondo delle biblioteche riesce a richiamare su di sé. Senza un forte contenuto di comunicazione (oltre che di progettazione e di ricerca della cooperazione), le iniziative di fund raising per le biblioteche sono destinate a rimanere a lungo entro confini assai angusti, segnati da episodicità e marginalità. Sono, inoltre, aumentate le organizzazioni sociali e culturali che competono sul mercato dei finanziamenti. Infine, alcune tecniche del fund raising mostrano segni inequivocabili di logorio. Tutto ciò comporta una selezione adeguata degli strumenti, dei canali e dei materiali promozionali. È indispensabile individuare soluzioni praticabili per un settore, quello delle biblioteche, strutturalmente debole, con evidenti problemi di visibilità, con scarsa conoscenza, per esempio, della realtà delle imprese. La casistica e la letteratura del fund raising evidenziano le principali tipologie d'intervento e il loro tasso di efficacia. Per esempio (Foglio, 2005, p. 264):

Il fund raising mette a disposizione una varietà di strumenti che bisogna conoscere per applicarli strategicamente senza incappare in fatali errori. La tecnica di raccolta fondi ripartisce questi strumenti in:

Naturalmente, questo è solo uno schema di massima: l'impiego di queste tecniche va contestualizzato e ricondotto ai diversi segmenti di interlocutori, testandone, di volta in volta, la capacità di fornire alla biblioteca tassi di risposta adeguati.


3.3 Gli aspetti gestionali del fund raising

Non bisogna sottovalutare gli specifici aspetti tecnico-gestionali di un programma di fund raising bibliotecario, le cui fasi principali sono:


3.4 Le prospettive del fund raising bibliotecario

Come si può forse desumere anche dalla sommaria ricostruzione tentata, le opportunità di mercato, per un fund raising che voglia essere a misura di biblioteca, si presentano assai variegate e di diseguale appetibilità, ma tutte meritevoli di attenzione. Non le scorciatoie facili, ma il tempo, riscontri concreti, momenti di formazione e apprendimento, infine un'esperienza organizzativa diffusa e condivisa diranno verso quali destinazioni converrà indirizzare gli sforzi. Un fatto è però sicuro: in una stagione di risorse pubbliche e istituzionali deficitarie, ma di oggettiva necessità di valorizzazione e adeguamento delle biblioteche italiane, della loro offerta documentaria e dei loro servizi, non è più consentito rimandare l'appuntamento con queste problematiche. Assieme a strategie e a politiche volte ad alimentare e a soddisfare la domanda di servizi bibliotecari, la ricerca sistematica di risorse può rientrare a pieno diritto tra le culture, le metodologie e le pratiche chiamate a sostenere un progetto di biblioteca (è sempre da lì che bisogna obbligatoriamente partire) e l'agire organizzativo, mai solo strettamente biblioteconomico, che vi è sotteso.


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Note

* L’autore qui riprende parzialmente, rielabora e aggiorna alcuni contenuti della sua ultima monografia (Di Domenico, 2009, p. 145–181).

1 Il programma si legge all'indirizzo <http://www.aib.it/aib/sezioni/marche/conv/c090610.htm>. [Consultazione: 09/09/2009].

2 Il programma si legge all'indirizzo <http://www.aib.it/aib/sezioni/marche/corsi/corsi070927.htm>. [Consultazione: 09/09/09].

3 Si veda il blog Library grants. <http://librarygrants.blogspot.com>. [Consultazione: 24/09/09].

4 È stata da poco pubblicata una breve rassegna bibliografica internazionale sul fund raising bibliotecario, curata di Fausto Fiasconaro e relativa al periodo 1998-2008 (Di Domenico, 2008, p. 176-180).

5 Il Sistema delle Biblioteche del Comune di Roma è una rete di 35 strutture distribuite sul territorio cittadino.

6 Si veda all'indirizzo <http://www.bibliocard.it>. [Consultazione: 21/09/2009].

7 Commissario per la gestione provvisoria dell'Istituzione Biblioteche Centri Culturali del Comune di Roma.

8 Per quanto riguarda in particolare il mondo delle biblioteche pubbliche, associazioni di questo tipo sono state costituite in diverse realtà italiane, per esempio, a Cologno Monzese, Ferrara, Novara e in molti altri centri, anche piccoli.

9 Si veda il sito Friends of libraries U.S.A. <http://www.folusa.org>. [Consultazione: 21/09/2009].

10 Le erogazioni liberali si possono assimilare alle donazioni: sono elargizioni fatte disinteressatamente, senza scopo di lucro e senza corrispettivo e beneficio, diretto o indiretto per il soggetto erogante.

11 Per esempio, nella realtà statunitense, secondo gli esiti di una ricerca quali/quantitativa (OCLC, 2008, p. 5/7): "A successful library funding support campaign must: make the library relevant for the 21st century; instill a sense of urgency by putting the library in a competitive context for funding, alongside the public schools, fire department and police department; activate conversations about the library's importance in community infrastructure and its role in the community's future."

12 Si veda all'indirizzo <http://www.fondazionebo.it>. [Consultazione: 22/09/2009].

13 Un esempio nel campo degli atenei statali è quello della Fondazione Politecnico di Milano. <http://www.fondazionepolitecnico.it/pagine/pagina.aspx?&L=IT>. [Consultazione: 22/09/2009]. "La Fondazione si affianca al Politecnico, lo avvicina ancora di più alle realtà produttive, lo rende 'più raggiungibile e più utilizzabile', rinnova cioè il rapporto con la 'sua comunità esterna', distinguendosi come luogo ideale dove imprese, università e amministrazioni trovano il loro punto d'incontro". La fondazione fu costituita nel 2003.

14 Le università americane ricevono ogni anno 25 miliardi di dollari in donazioni di varia provenienza (mecenati, alunni ed ex alunni, fondazioni ecc.). In talune circostanze i fondi sono serviti a costruire e ad attrezzare nuove biblioteche. Un esempio recente è il Christopher Center Library Services della Valparaiso University (Indiana), un complesso edificato in una piccola realtà universitaria anche grazie a consistenti donazioni, che hanno coperto una parte non esigua della spesa di un progetto costato 33 milioni di dollari.

15 Ottimo punto di partenza per conoscere la realtà delle fondazioni (di diritto civile o nate ex lege) in Italia è il sito del Centro di Documentazione sulle Fondazioni: <http://www.fondazioni.it>. [Consultazione: 22/09/2009].

16 Un caso indicativo è quello della Fondazione Montanari di Fano. Costituita nel 2005 dalla Navigazione Montanari, essa ha avviato lo scorso anno, nel centenario dell'impresa creatrice, la ristrutturazione di un importante ex edificio scolastico della città, di costruzione otto/novecentesca. Una volta ricuperato, l'edificio ospiterà la nuova Biblioteca Multimediale "Federiciana - Fondazione Montanari". I lavori richiedono un impegno finanziario di circa 3,6 milioni di euro. Il progetto è realizzato con un contratto di sponsorizzazione.

17 Di notevole rilievo la sponsorizzazione della Fondazione Vodafone Italia per dotazioni strumentali a favore delle Biblioteche di Roma. Questo e altri esempi sono riportati in una serie di interviste a bibliotecari e a responsabili aziendali, recentemente raccolte in volume (Di Domenico, 2008).

18 Molte amministrazioni comunali si stanno dotando di regolamenti sulle sponsorizzazioni, nei quali quest'aspetto è considerato sotto diversi punti di vista.

19 Da considerare il contratto stipulato tra la 3M Italia e la Mediateca dell'Istituto per il Diritto allo Studio Universitario dell'Università di Milano: l'azienda acquista spazi pubblicitari all'interno della struttura e in cambio le fornisce gratuitamente prodotti e soluzioni. L'esperienza è descritta in due interviste rilasciate a Vittorio Ponzani da Luigi Fiducia, responsabile della mediateca, e Davide Panciera, responsabile commerciale del reparto "Sistemi per biblioteche" della 3M Italia (Di Domenico, 2008, p. 55-57 e 127-129).

20 Si veda all'indirizzo <http://www.querinistampalia.it/amici-circolo/circolo.html>. [Consultazione: 22/09/2009].

21 Nel 2006 è nata anche una Fondazione per il Sud, che si propone di promuovere e sostenere progetti per la creazione e il rafforzamento di infrastrutture sociali nel Mezzogiorno d'Italia.

22 Tra i progetti finanziati nel 2007, è da segnalare il recupero dell'Archivio Italo Zannier (biblioteca e fondo fotografico) con un'erogazione di 790.000 euro da parte della Fondazione di Venezia. Tra i progetti finanziati nel 2006, la catalogazione e informatizzazione della Biblioteca San Giorgio in Poggiale (430.000 euro da parte della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna) e la catalogazione dei manoscritti, del patrimonio librario moderno e dei beni storico-artistici e archeologici della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (erogazione di 300.000 euro). Tra i progetti finanziati nel 2005, la Biblioteca digitale dell'informazione giornalistica (1.086.000 euro da parte della Compagnia San Paolo di Torino) e la catalogazione di 13.000 volumi del Seicento, conservati presso la Biblioteca del Seminario di Padova (270.000 euro da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo). Altri casi sono descritti e analizzati in una serie di interviste a bibliotecari raccolte in volume lo scorso anno (Di Domenico, 2008). Il libro ospita anche un capitolo sui finanziamenti delle fondazioni bancarie tra il 2002 e il 2006, curato da Silvia Bergamaschi (p. 97-113).

23 El Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche) per la concessione e i corrispettivi connessi alla riproduzione di beni culturali (artt. 107, 108, 110) e per la gestione (diretta o in concessione a terzi) dei "servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico" (artt. 110, 115, 117). Questi ultimi sono elencati nell'art. 117, comma 2:

  1. il servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi e i sussidi catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altro materiale informativo, e le riproduzioni di beni culturali;

  2. i servizi riguardanti beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito bibliotecario;

  3. la gestione di raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche museali;

  4. la gestione dei punti vendita e l'utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni;

  5. i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l'infanzia, i servizi di informazione, di guida e assistenza didattica, i centri di incontro;

  6. i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba;

  7. l'organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali.

La gestione diretta sembra fornire le garanzie maggiori (ciò, almeno secondo uno studio PricewaterhouseCoopers, commissionato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali in funzione di un "Piano nazionale di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale").

24 Informazioni sulla partecipazione delle biblioteche e degli archivi italiani ai programmi europei si trovano nel sito OPIB. <http://www.opib.librari.beniculturali.it/>.[Consultazione 23/09/2009].

25 L'eventuale contributo professionale di consulenti esterni può risultare senz'altro utile, purché si eviti l'errore di cedere loro il governo complessivo dei processi di fund raising.