La differenza di essere donna

Ricerca e insegnamento della storia

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L’amore per la conoscenza: Mary AstellJulia Cabaleiro Manzanedo.

Introduzione. L’educazione delle donne nel secolo XVII

Durante il XVII secolo, per impulso delle due riforme religiose si produsse un sostanziale incremento dell’alfabetizzazione, riguardante anche le ragazze. Sia i pedagogisti sia i vari ordini religiosi riformati portarono avanti una vasta opera di istruzione popolare, intesa come premessa necessaria a una più seria evangelizzazione.

Ma la qualità dell’istruzione femminile era notevolmente decaduta. Le donne istruite erano poche, e anche le famiglie che prima avrebbero dato alle figlie un’educazione umanistica, adesso insegnavano loro soltanto a ricamare, danzare, cantare e suonare uno strumento. Molte donne della seconda metà del secolo rimpiangono, come fa Bathsua Makin, che “le donne siano state in passato educate alla conoscenza delle arti e delle lingue e che molte per la loro istruzione si innalzassero a una grande erudizione”.

L’istruzione delle donne suscita grandi controversie in questo secolo. Diversi trattati francesi che se ne fanno eco, sono spesso tradotti immediatamente in Inghilterra. Gli uomini considerati colti discutevano se le donne avessero o no diritto all’istruzione, al sapere, alla verità. Nel XVII secolo, si pensava che per le donne non fosse appropriato diventare colte come gli uomini. Di più, si concepiva l’accesso alla conoscenza come un pericolo o una perdita della concezione di femminilità che la società patriarcale era andata costruendo, una concezione, d’altra parte, praticamente applicabile a qualunque epoca storia. Non è strano, dunque, che le Preziose, donne colte che tenevano e animavano salotti letterari, fossero ridicolizzate da - tra gli altri - Molière, in opere come Les precieuses ridiculez. Poulain de la Barre - un difensore dall’uguaglianza dei sessi e del diritto delle donne all’istruzione - nella sua opera L’educazione delle dame riflette sulle critiche che venivano loro rivolte. Anche in Spagna, dove il livello di istruzione non arrivava a quello di altri paesi europei, Quevedo scrisse La culta latiniparla, un testo in cui cerca di ridicolizzare per le sue infedeltà una donna considerata colta.

Il declino dell’istruzione femminile in Inghilterra dev’essere messo in relazione, inoltre, con gli effetti del protestantesino, tra i quali figura la sparizione delle istituzioni monastiche, centri culturali e artistici femminili, così come la genesi di nuove mentalità legate a un’etica mercantilistica.

Tuttavia, la lotta per l’istruzione delle donne ha in Anna Maria van Schurman e in Aphra Behn due rappresentanti molto significative. Inoltre, donne come la già menzionata Batshua Makin o Elisabeth Elstob sostennero con il loro modo di vivere la possibilità di restare nubili, attive intellettualmente e indipendenti economicamente. Tutte loro contribuirono a delineare un modello di vita, che nel caso di Mary Astell arriverà anche alla teorizzazione e alla proposta.

La genesi di un desiderio

Mary Astell (1666-1731), una donna riconosciuta ai suoi tempi per ingegno, eloquenza ed erudizione, creò con il suo modo di vivere un precedente che sarebbe stato seguito da altre donne della società inglese: quello di donna istruita che sceglie di vivere da sola e in relazione con altre donne, e in cui il desiderio di sapere prende corpo.

Nacque all’interno di una famiglia borghese decaduta di Newcastle, una città che prima della Riforma era stata un importante centro di monachesimo: un riferimento che, molto probabilmente, Mary cercherà di recuperare, dandogli un nuovo significato.

Alla morte del padre, visse in una casa fondamentalmente femminile. Suo zio fu il suo precettore. Così, in un momento in cui la maggior parte delle donne era analfabeta, lei ricevette una educazione che comprendeva studi di filosofia, matematica e alcune lingue moderne. Dalla sua opera si può dedurre che possedesse conoscenze di teologia, politica, storia e letteratura classica. Visse la sua giovinezza godendo della solitudine, assorta nel piacere della lettura.

Quando aveva circa vent’anni, decide di trasferirsi a Londra con l’intenzione di restare nubile e dedida alla letteratura, essendo molto consapevole sia dei limiti che la società del suo tempo imponeva alle donne sia della forza dei propri desideri: quelli di un’anima “nata per altro”, che aspira alla grandezza.

Che farò? Non pretendo di essere ricca o potente
né corteggiata o ammirata
né elogiata per la mia bellezza né esaltata per il mio ingegno.
Ahimè! Niente di questo merita il mio impegno o il mio sudore,
né può contentare le mie ambizioni;
la mia anima, nata per altro, di più, mai si sottometterà a tali cose,
ma sarò qualcosa di grande
in sé e non nell’apprezzamento del volgo.

Un circolo di donne

A Londra si stabilisce nel quartiere di Chelsea, dove a poco a poco si formerà intorno a lei un circolo di donne, di amiche, che furono nel corso degli anni le sue compagne più intime e il suo principale sostegno, sia economico sia emotivo: lady Elizabeth Montague (a cui dedicò l’edizione del 1694 della sua Proposta), lady Catherine Jones (a cui John Norris, su sua richiesta, avrebbe dedicato le Lettere relative all’amore di Dio del 1695), Elisabeth Hasting, Ann Coventry... Si trattava di donne aristocratiche - che contavano pertanto su abbondanti risorse proprie - che avevano fatto una scelta di vita simile a quella di Mary: avevano deciso di restare nubili oppure, rimaste vedove, si erano rifiutate di sposarsi di nuovo.

Condividevano tra loro molte cose, dai libri ai rimedi casalinghi, ma tutte riconoscevano l’autorità di Mary, per cui si può dire che la relazione che stabilirono possedesse i due assi che Luce Irigaray indica come necessari perché possa esistere un ordine simbolico femminile. Questo circolo femminile configurò una parentela simbolica veicolata dall’amore e costituì l’unica famiglia di Mary Astell.

Queste donne, che mantenevano una rete di relazioni di solidarietà con altre meno favorite econmicamente e socialmente (aiutavano vedove senza casa, insegnavano a leggere e scrivere alle loro domestiche o fornivano istruzione scolastica a bambine della loro famiglia), si presero cura di Mary durante gli ultimi anni della sua vita (a sessant’anni Mary Astell si ritirò a casa dell’amica Catherine Jones, dove rimase fino alla morte, nel 1731). Condividevano le sue idee sull’educazione delle donne e l’appoggiarono quando, verso la fine della sua vita, avendo smesso di scrivere, si dedicò a dirigere una Scuola di Carità per figlie di militari a riposo dell’Ospedale di Chelsea, che rimase aperta fino al 1862. Fu questa l’unica realizzazione educativa che Mary Astell poté mettere in pratica, dato che la sua Proposta non arrivò mai a concretizzarsi.

Una proposta educativa

Mary Astell è una delle figure fondamentali per qualsiasi approccio storico al pensiero delle donne sull’educazione femminile, grazie all’opera Una seria proposta per le dame, a beneficio dei loro veri e più alti interessi. Scritta da un’amante del suo sesso (1694).

Presentandosi come “un’amante del suo sesso”, Mary manifesta in modo esplicito, già dal titolo, qual è il senso più profondo che informa la sua proposta educativa: l’amore per le donne. E, benché nel corso del testo affermi la propria autorità con l’uso ricorrente del pronome “io”, spesso usa anche il pronome “noi” o l’espressione “il nostro sesso”, presuponendo lettrici, interlocutrici, esclusivamente femminili. Si rivolge direttamente alle donne chiamandole “Ladys”, Signore, ed elaborando il suo scritto in forma di lettera, cosa che stabilisce una interlocuzione immediata. Propizia così la delimitazione di quello che Diana Sartori definisce come circolo ermeneutico sessuato.

L’identificazione con le persone del suo sesso si presenta intimamente unita al suo impegno personale per il progresso delle donne. Mary Astell era profondamente convinta della legittimità e della necessità dello sviluppo culturale delle donne, come unica premessa che potrebbe garantire la loro libertà di scelta. Perciò volle realizzare l’esistenza di uno spazio in cui questo potesse rendersi possibile. Uno spazio come quello che le monache dell’epoca medievale avevano costruito nelle loro comunità monastiche, per dedicarsi alla propria formazione, vivendo in relazione e isolate dagli uomini.

Sapere, felicità e libertà

Quello che lei denominava “monastero” o, per non ferire i più scrupolosi, “ritiro religioso”, non avrebbe avuto una struttura gerarchica tradizionale. Non ci sarebbero voluti né badessa né confessore. I legami tra professoresse e studentesse sarebbero stati quelli dell’amicizia e dell’affetto, una concezione che sembra emanare dalla sua esperienza di vita. Si sarebbe trattato di un luogo orientato allo sviluppo personale, in cui le donne sarebbero potute rimanere quanto tempo desiderassero. Si sarebbe finanziato con il pagamento di 500 sterline portate dalle residenti, donne che sarebbero vissute in comunità. Si sarebbero riunite quotidianamente per pregare e settimanalmente per la messa e il digiuno. Ma, oltre che alla preghiera, le donne avrebbero dedicato la giornata a meditare, a coltivare l’amicizia, a opere di carità e a studiare. Perché la comunità che Mary Astell progettava obbediva a un proposito più accademico che propriamente monastico. Il suo obiettivo era che le donne potessero diventare esseri autosufficienti, sia emotivamente che intellettualmente. L’istituzione che lei proponeva avrebbe loro permesso di separarsi dalla società maschile per il proprio benessere e per potersi preparare a svolgere lavori produttivi. Questa vita comunitaria e religiosa avrebbe fatto sì che potessero godere di pace e felicità.

Felice Ritiro! Quello che troverete quando entrerete in questo Paradiso come quello che ha perduto vostra Madre Eva, dove farete festa con i Piaceri che, al contrario di quelli di questo mondo, non vi deluderanno, [...] quelli che vi renderanno veramente felici adesso, e che vi prepareranno affinché lo siate perfettamente in futuro. Qui non ci sono Serpenti che vi ingannino mentre vi divertite in questi deliziosi Giardini. [...] Il luogo in cui siete invitate è Modello e Antenato del Cielo.

Mary Astell stabilisce dunque un intimo legame tra sapere e felicità. Il desiderio di sapere, l’amore del sapere, va unito al godimento procurato dalla conoscenza, una conoscenza che, inoltre, si acquisisce e si sviluppa in un contesto relazionale femminile, uno spazio di donne che recupera il paradiso perduto e che lei qualifica come “deliziosi giardini”, facendoci evocare l’Hortus deliciarum, l’opera creata da Herralda de Hohenburg cinque secoli prima, non per caso in un monastero. Così, troviamo in Mary una concezione del sapere che non separa amore e conoscenza. E, benché la riforma protestante rompa questo legame affermando una razionalità che separa e isola la sfera emotiva da quella definita propria della ragione, lei si mantiene fuori da questa dicotomia.

Il monastero di Mary Astell avrebbe rifornito il regno di “dame pietose e prudenti” che sarebbero state, a loro volta, di ispirazione per altre. Quelle che si sarebbero sposate sarebbero state preparate a educare figlie e figli e a insegnare loro a “vivere saggiamente e felicemente”. Avrebbero potuto anche far uso delle loro conoscenze nei rapporti con i vicini e in tutte le faccende della vita.

Quelle altre che non si fossero orientate al matrimonio, avrebbero potuto realizzare il loro proposito, un proposito come l’educazione e l’insegnamento. Perché, come lei stessa segnala, il Mondo intero è la Famiglia di una Dama sola e le opportunità che le cose la vadano bene non diminuiscono ma aumentano se è libera.

Il rapporto con il sapere

Nel 1697 apparve la seconda parte della Proposta, dedicata alla principessa Anna. In essa Mary Astell propone in maniera dettagliata un modello di apprendimento e stabilisce un piano generale di studi specificamente elaborato per le donne desiderose di sapere. Un modello e un piano che si allontanano dal modello maschile socialmente stabilito per incidere con l’uso di letture selezionate. Perché per lei l’obiettivo non consiste nell’acquisire una cultura scolastica o conoscenze enciclopediche. Le importava meno l’erudizione che la capacità di ragionare e il metodo di apprendimento, per acquisire il quale indicava come necessari la conoscenza della lingua materna, della logica, della matematica e della filosofia.

Per ottenere la Conoscenza, non si offriva un programma formale di studi, ma un invito a conversare e a leggere libri di filosofi contemporanei - come Cartesio e Malebranche - e di autrici come Anne Dacier e Madeleine de Scudéry, “Saffo”, per cui sarebbe bastata la lingua francese.

Il modello educativo di Mary Astell si allontana dunque dai parametri stabiliti dalla concettualizazione del sapere dominante del suo tempo. Non cerca per le donne una parità in questo tipo di sapere. Probabilmente non tanto perché non le sembra possibile, quanto perché non lo considera desiderabile, come si ricava dalle parole citate nel documento, parole dotate di una innegabile carica ironica. Cerca piuttosto di offrire uno spazio in cui le donne possano realizzare un percorso libero e piacevole, in cui il sapere non si separi dalla vita, ma ne entri a far parte, l’arricchisca e la trasformi. Un sapere generatore di libertà.

Tra la Querelle e l’Illuminismo

Mary Astell, situata storicamente e cronologicamente tra la Querelle des femmes e l’Illuminismo, rappresenta una posizione singolare rispetto a entrambi, in quanto teorizza ed eleva a progetto una pratica e un modo di vita proprio, che diventano le basi su cui poggia il suo discorso. Teoria e pratica, discorso e azione, si presentano così indissociati e indissociabili. Astell progetta e desidera per le altre donne la possibilità di qualcosa che ha reso realtà per sé. È per questo che difende il nubilato con la convinzione, vissuta e sperimentata, che sia uno stato che, unito all’educazione, può costituire una maniera gratificante e desiderabile di stare al mondo.

Nubilato ed educazione formano dunque, in Mary Astell, un insieme inseparabile. Riteneva che nell’educazione si radicasse la possibilità di offrire alle donne una via diversa al matrimonio, una via che non fosse centrata sugli uomini ma su di sé. Perciò desiderava che le donne arrivassero ad avere un potere totale sulle loro capacità intellettuali. Un desiderio che non possiamo ridurre alla difesa dell’uguaglianza intellettuale dei due sessi e del diritto delle donne all’istruzione.

Nella sua vita come nella sua opera, Mary Astell dà mostra di grande indipendenza simbolica rispetto all’ordine stabilito del suo tempo. La Astell non cerca una misura in tale ordine: lo conosce bene, ne svela con lucidità e sarcasmo le trappole, ma non pretende di adeguarvisi. Per questo possiamo dire che si situa nel suo mondo in modo originale.

Quello che lei cerca e desidera è libertà per le donne, libertà di scelta, dice lei, che è in realtà libertà di gestire le proprie vite d’accordo con il proprio progetto. Una libertà che deriva dall’educazione, dal sapere, dalla conoscenza. È il “di più” a cui aspira l’anima di Mary Astell, un “di più” che lei vuole situare nell’orizzonte delle donne, di qualunque donna, affinché abitino e agiscano nel mondo, in quel mondo intero che costituisce “la famiglia di una dama sola”.

Indicazioni didattiche

È di particolare importanza l’analisi dettagliata del documento di Mary Astell, che ci permette di determinare i principi che permeano la sua proposta educativa, così come il confronto, che lei stessa stabilisce, con le caratteristiche del modello educativo maschile sanzionato socialmente.

È ugualmente interessante mettere in rapporto i principi del suo progetto educativo sia con i tratti più determinanti della vita stessa di Mary Astell, sia con il modello di sapere e di cultura creato dalle donne medievali nelle comunità monastiche.

Imaginni
Copertina della 3ª edizione dell’opera A Proposal to the Ladies

Copertina della 3ª edizione dell’opera A Proposal to the Ladies

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Indice
documenti relativi
  1. 1. A Serious Proposal to the Ladies: Part II, Frammento, Mary Astell.