Santa Maria la Nova, Caltavuturo
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Autoria
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Giuseppe Verde
Nom
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Santa Maria la Nova, Caltavuturo
Dades cronològiques
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fine 1400
Ordes
BenedictinesDe 1500 a 1550
Comunitats relacionades
- Historia Comunitat
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Tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500, sorse nel sito di Terravecchia un monastero di benedettine, con annessa chiesa dedicata alla Madonna, grazie alla donazione e all’interessamento della nobile famiglia locale dei De Luna – Spadafora.
Nel 1554 visto ché lo spazio abitativo sulla Rocca era divenuto insufficiente, gli abitanti di Caltavututro furono indotti a iniziare un piano di trasferimento a valle, nella “terra nuova”. Agli inizi del seicento anche il convento di Santa Maria, dovette iniziare a costruirsi un nuovo complesso monastico a valle, che prese il titolo di Santa Maria la Nova; sulla rocca, l’antico complesso continuò a perdurare con il nome di Badia Vecchia; edificato intorno al 1625, con le elemosine dei cittadini di Caltavuturo, e alcune monache vi si erano trasferite dal loro monastero di Terravecchia (Amico 1858, p. 216). Sul monte, nella chiesa annessa a questo convento, continuarono a essere sepolte le personalità locali almeno fino al 1623, anno in cui è attestata la sepoltura di donna Porsia De Luna, badessa benedettina di questa badia; l’abbandono effettivo da parte degli abitanti di Terravecchia deve essere avvenuto solo all’inizio del ‘700, come riscontrato nel registro dei battesimi della chiesa madre di S. Bartolomeo, dove l’ultimo atto è datato 1719 (Romana, 2009, p. 37e p. 42).
Nel 1661 una frana fece crollare un’ala dell’edificio, vi perirono la badessa, donna Isabella Furetta con due consorelle, “Quia in hac terra Caltavuturii reperitur unus monasterium monialium virginum ordinis sancti Benedicti sub titulo Sancte Marie Nove et in terra vetere huius predicte terre quod hiis diebus proximis elapsis pasum est ruinam cum morte trium monalium et precipue Donna Isabella Ferecta, olim abb.e dicti ven.mon.rii” in atto notaio Santoro De Maria, vol. 1511 c. 149r, dell'11 aprile 1661 (Romana, 2009, p. 134, p. 146 n. 68); le circa trenta monache ancora presenti, dovendo abbandonare la struttura, vennero ospitate per un lungo periodo presso una residenza della famiglia Cipolla, nei pressi della chiesa Anime Sante; notizie dedotte dalle carte processuali relative all’assassinio del dr. Vito Castellana mentre usciva da quella chiesa, conservate presso l'Archivio diocesano di Cefalù, busta n. 781, serie 2 n.9. (Romana, 2009, p. 134, p. 146 n. 69); questo luogo nella toponomastica locale prese il nome di “Badia Vecchia”, oggi rinominato “Buffuni”. Qui le monache dovettero soggiornare almeno per un trentennio visto che ancora nel 1695, sollecitavano le maestranze a completare le nuove strutture monastiche in modo da riprendere le loro funzioni religiose (Romana, 2009, p. 134, p. 146 n. 70 e n. 72). - Figures destacades
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Donna Porsia De Luna, forse l'ultima delle badesse del complesso monastico della Badia Vecchia, sepolta nella chiesa di questa struttura nel 1623.
Suor Isabella Furetta badessa, morta in seguito alla frana che nel 1661 aveva fatto crollare un’ala del primo edificio realizzato a valle.
- Edifici Arquitectura
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L'edificio che ospitò le prime suore benedettine dovette sorgere tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500, nel sito di Terravecchia. Aveva annessa una chiesa dedicata alla Madonna. Sulla sua esatta posizione sulla Rocca non si hanno precise indicazioni, ma è probabile che fosse ubicato nel quartiere omonimo; nello schizzo redatto da un anonimo al seguito di frate Angelo Rocca, giunto a Caltavuturo il 20 aprile 1584, potrebbe riconoscersi per alcune finestre di una torre dell’antica badia, posta poco a destra del campanile della chiesa di San Bartolomeo (Romana 2009, p. 32).
Nella relazione della visita pastorale del 1588, venivano indicate all'interno della chiesa del monastero, le seguenti cappelle: "cappella di Santa Maria di Gesù, Santa Maria de la Gratia, San Lorenzo, Santa Maria de lo riparo, Santissimo Sacramento, Santa Caterina, Purificazione della Beata Maria Vergine"; nelle tre cappelle dedicate alla Vergine dovevano essere collocate le due statue marmoree ancora oggi esistenti e la statua di Maria che regge in braccio Gesù, alla cui base è il bassorilievo con la visita di Maria alla cugina Elisabetta, proveniente dalla cappella della Madonna del Carmelo (Romana 2009, p. 134).
Dal 1554 iniziò l'abbandono del quartiere a monte e anche le suore di Santa Maria dovettero provvedere per il loro trasferimento. Nel 1623 iniziava a valle la costruzione di un nuovo complesso monastico che avrebbe preso il titolo di Santa Maria la Nova.
Nell'aprile del 1661, a seguito di una frana le religiose dovettero fuggire dal vecchio edificio di cui crollò un'ala e vi perirono, la badessa, donna Isabella Furetta con due consorelle (Amico, 1858, p. 216); le monache si rifugiarono a valle, ospiti presso la casa di un notabile locale. Il nuovo complesso monastico fu completato con la costruzione della chiesa, avvenuta nel 1697; realizzato con le elemosine dei cittadini di Caltavuturo, era abitato da alcune monache che vi si erano trasferite dal loro monastero di Terravecchia abbandonandolo (Romana, 2009, p. 134, p. 146 n. 70); ancora nel 1695 i lavori fervevano tanto che da un preventivo di spesa si riscontrava la necessita ancora di una somma di once 492 (Amico, 1858, p. 216).
Per tutto il ‘700 anche la nuova struttura fu minacciata da frane ed eventi tellurici (1765), tanto che le monache per un decennio furono costrette a emigrare nel monastero di Polizzi Generosa (Romana, 2009, p. 134, p. 146 n. 71).
Rientrate nel loro monastero, intrapresero i lavori di consolidamento completati con gli stucchi nella nuova chiesa realizzati tra il 1791 e il 1795 da Felice Sesta di Castronovo (Romana 2009, p. 134, p. 146 n. 72). Negli stucchi sono rappresentati episodi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento.
- Patrimoni Documental
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Presso l'Archivio Storico Palermo sez. Termini Imerese, Corporazioni religiose soppresse, Monastero Benedettino di Santa Maria la Nova, vol. 9
- Patrimoni Artistic
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All'interno della chiesa annessa al convento della Badia Vecchia si conservava un ciborio in marmo del 1516, attribuito a Francesco Del Mastro (altri autori lo attribuisco a Giandomenico Gagini o Antonio Vanella), raffigura nello scomparto centrale tra paraste, Cristo Risorto tra due Angeli, e nella lunetta la Natività; fu asportato e ricollocato nella chiesa madre, insieme alla statua in marmo della Madonna commissionata da Felipo de Pascale ed attribuita a Domenico Gagini, ricollocata nella chiesa di Santa Maria di Gesù (Guarneri, 1998, p. 54).
Nella nuova chiesa, in stile barocco, sono presenti stucchi eseguiti da Felice Sesta di Castronovo rapprepresentanti episodi tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento (Romana, 2009, p. 134).
Sul primo altare a sinistra entrando è collocata una statua lignea di San Benedetto attribuita allo scultore Filippo Quattrocchi di Gangi. Il santo è rappresentato mentre regge il baculo in una mano e un grande libro nell’altra, con ai piedi un puttino alato che regge la mitra. Sul primo altare a destra è posta una statua di marmo bianco con tracce di colore oro sui capelli e blu sul manto, raffigurante la Madonna del Cardellino, sulla sua base è scolpita la Circoncisone di Gesù, è databile ai primi anni del XVI secolo. Sull’altare maggiore è collocata la statua della Madonna delle Grazie, che presenta sulla base la Natività, opera attribuita a un seguace di Antonello Gagini. Si conserva inoltre nella sacrestia, un calice in argento "caratterizzato da uno spiccato gusto rococò" che ha alla base riprodotte le figure dei santi Scolastica e Benedetto e la Madonna con bambino; i marchi incisi sono quello del console Giovanni Costanza (1753) e quello dell’argentiere Giuseppe Valenti, attivo nello stesso periodo. Dello stesso maestro nella stessa chiesa si conservava anche un altro calice (Giannopolo, 2007, p. 9).
Il complesso monastico fu completamente distrutto durante la II guerra mondiale, mentre rimane ancora la chiesa settecentesca.
- Arqueologia
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Gli scavi su tutta l'area della Terravecchia, iniziati sistematicamente nei primi anni novanta del novecento, non hanno a tutt'oggi interessato l'area della probabile antica badia, ma il programma di ricerca, che ha già messo in luce tracce del castello e di alcune strutture a dammuso, prevede lo scavo su tutto l'acrocoro.
Bibliografia i enllaços
- Bibliografia
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Guarnieri, G., 1998. Ricerche storiche su Caltavuturo, Palermo: Kefagrafica.
Pirri, R., 1773. Sicilia Sacra disquisitionibus et notitiis illustrata, vol. I, Palermo.
Romana, L., 2009. Caltavuturo atlante dei beni culturali a cura di Luigi Romana, Roccapalumba: s.n.
Amico, V.M., Di Marzo, G., 1858. Dizionario topografico della Sicilia, 2 vols., Palermo: S. di Marzo.
Granata, A., 2004. Il recupero della memoria: analisi del sito archeologico di Terravecchia a Caltavuturo attraverso un disegno del cinquecento per il frate agostiniano Angelo Rocca 1545-1620, Tesi di laurea, Facoltà di Architettura, Università di Palermo.
Amico, V.M., Di Marzo, G., 1858. Dizionario topografico della Sicilia, 2 vols., Palermo: S. di Marzo.
Granata, A., 2004. Il recupero della memoria: analisi del sito archeologico di Terravecchia a Caltavuturo attraverso un disegno del cinquecento per il frate agostiniano Angelo Rocca 1545-1620, Tesi di laurea, Facoltà di Architettura, Università di Palermo.
Guarnieri, G., 1998. Ricerche storiche su Caltavuturo, Palermo: Kefagrafica.
Pirri, R., 1773. Sicilia Sacra disquisitionibus et notitiis illustrata, vol. I, Palermo.
Romana, L., 2009. Caltavuturo atlante dei beni culturali a cura di Luigi Romana, Roccapalumba: s.n.
- Paraules clau
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Badia Vecchia, badia nuova, Porsia de Luna, Isabella Furetta.
- Geogrà fics
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Sicilia
- Notes
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“La chiesa della badia oltre ad una sorprendente teofania è anche la celebrazione ed il trionfo della donna: le scene della vita di Maria dispiegate nella parte centrale della volta; le donne raccolgono la manna nel deserto; Rebecca permette a Giacobbe di ricevere la benedizione paterna destinata a suo fratello Esaù; le tre figure femminili che simboleggiano le virtù della fede, della speranza e della carità disposte sopra l’altare maggiore. Originale la composizione di questo tema, il progettista omise di raffigurare il simbolo della carità , rinunciando a raffigurare un’anonima nutrice e mettendo in evidenza l’antica statua marmorea della Madonna della Grazia, insuperabile madre e nutrice, non solo simbolo, ma anche icona di perfetta carità †(Romana, 2009, p. 135).






