Lo spazio pubblico attraverso i sensi

Menú principal

Índice de Scripta Nova

Scripta Nova
REVISTA ELECTRÓNICA DE GEOGRAFÍA Y CIENCIAS SOCIALES
Universidad de Barcelona. ISSN: 1138-9788. Depósito Legal: B. 21.741-98
Vol. XII, núm. 270 (120), 1 de agosto de 2008
[Nueva serie de Geo Crítica. Cuadernos Críticos de Geografía Humana]


LO SPAZIO URBANO ATTRAVERSO I SENSI: MAPPATURA DEI TERRITORI E ORDITURA DEI FATTI
[1]

Liliana Fracasso
Accademia di Belle Arti di Foggia
liliana.fracasso@abafg.it

 Lo spazio urbano attraverso i sensi: mappatura dei territori e orditura dei fatti (Riassunto) 

La relazione ripercorre i principali processi che destrutturato la città moderna, ne tratteggia gli elementi caratterizzanti e ne evidenzia gli effetti sullo “spazio” e sul “pubblico”. Si argomenta che la privazione sensoriale, l’inerzia del contemplatore o la ricezione distratta alla quale è sottoposto l’abitante della città globale, possono essere contrastati in ambito locale, adottando nel progetto di riqualificazione urbana, un approccio artistico e partecipativo. A tale scopo si presenta il modus operandi di alcuni collettivi di artisti italiani e spagnoli che sostengono il valore dell’esperienza diretta, della ricerca-azione e dell’uso dei sensi per la mappatura del territorio. Inoltre, da un’esperienza di arte relazionale condotta  nel Centro di Salute Mentale di Troia -che attraverso il gioco ha messo in relazione le caratteristiche degli spazi pubblici con il sentire soggettivo- sono emerse delle potenzialità, da una parte, per affrontare il tema della disaffezione ai luoghi presente in determinate categorie sociali oggetto di stigmatizzazione e, dall’altra, favorire il racconto biografico, anello di congiunzione dell’individuo con la società.

Parole-chiave: arte urbana, partecipazione, percezione.


Urban space through senses: territory mapping and fact weaving (Abstract)

This paper makes a brief per course through the most important de-structuring modern city processes, outlining their most characteristic elements and puts into evidence their effects on “public” and “space”. Sensorial privation, contemplators inercy and distracted reception, to which global cities residents are exposed can be contrasted in local environments when a participatory and artistic approach are adopted in an urban upgrading project is the central argumentation of this paper. For this purpose modus operandi of several collective Spanish and Italian artists groups are presented, as they support direct experience and action-research in their works of sensitive territorial mapping. In this sense, a relational-art  experience conducted with patients of the Mental Health Center of the city of Troia (Puglia) – in which a game puts in relation public space characteristics in confrontation with self-subjective feelings – emerges on one hand as a potential new way of looking people lack of affection  towards certain places and certain social categories who stigmatization, and on the other hand can help to re-join individuals and society through their biographical stories linked to places.

 Key words: urban art, participation, perception.  


 Lo spazio pubblico nelle metropoli contemporanee

Tre importanti processi mondiali, in stretta relazione tra loro, sembrano essere la causa della destrutturazione delle città contemporanee e del radicale passaggio dai canoni della città moderna alla “decanonizzazione” di quella contemporanea (B. Secchi, 2003). Il riferimento è alla globalizzazione, l’informatizzazione e l’espansione urbana i cui significati si riassumono di seguito sulla base di studi condotti da J. Borja e M. Castells (2002). 

La globalizzazione può essere intesa come la formazione di un’economia globale basata su attività strategiche e dominanti che funzionano -in tempo reale- come una unità, su tutto il pianeta Terra. L’economia globale si articola in centri gestionali, in grado di coordinare, gestire e innovare le attività di aziende-rete, i cui scambi si realizzano in ambito interurbano o trasnazionale.

I nuovi processi economici dell’economia globale si basano su flussi di informazioni e di conoscenze, che viaggiano su un sistema di telecomunicazioni altamente sviluppato grazie al quale le attività produttive possono collocarsi in qualunque punto del pianeta. L’economia globale, o globalizzazione, può essere identificata con l’economia dell’informazione dato che la generazione e l’elaborazione strategica dell’informazione costituiscono ormai fattori essenziali per la  produttività e la competitività economica.

Quanto detto fa emergere un sistema di dislocazione spaziale, che concentra e disperde servizi avanzati, che tende a dilatare gli spazi urbanizzati ed a configurare il mondo intero in forma di reti di città. 

Le città in rete operano come i nodi dell’economia globale, cioè come punti direzionali di organizzazione dell’economia mondiale; come località chiave per le società di servizi finanziari e specialistiche;  come luoghi di produzione e di innovazione; infine, come mercati per i prodotti e le innovazioni.

I centri gestionali e le reti di servizi avanzati, si concentrano nelle principali metropoli del pianeta e si articolano in reti specializzate, in finanza internazionale (New York, Canada, Tokio), oppure in produzioni per specifici segmenti di mercato (Chicago, Singapore). Esistono reti che si configurano a partire anche da nodi secondari di città (Milano, Parigi, Madrid, ..), essi ricoprono il ruolo di centri di collegamento con le reti dominanti. Altre città si configurano come nuovi “centri regionali” che nascono dipendendo dalle esigenze dell’economia globale. Ciò che invece non assume una posizione di rilievo nell’economia globale può rimanere al margine o addirittura essere escluso dal sistema.

Il processo della globalizzazione genera impatti assai significativi nella struttura spaziale e sociale delle città, e ne determinano i principali caratteri post-moderni (G. Amendola, 2003). Le suddette strutture sono l’esito del rapporto paradossale tra dispersione e concentrazione delle attività economiche. Il nuovo modello tecnico-economico che soggiace alla globalizzazione, dimostra un grande dinamismo produttivo ma, allo stesso tempo, la tendenza ad escludere grandi settori territoriali e sociali creando spesso gravi squilibri.

A causa di queste esclusioni, la città globale, detta anche dell’informazione, si configura come città duale[2], postmoderna, frammentata, diffusa, e poi anche alla carta, gentrificata, opaca, che impedisce di effettuare sintesi e di adottare schemi interpretativi unificanti. In questa realtà urbana post-moderna si riconoscono alcune caratteristiche costanti della città: indeterminatezza, frammentazione, decanonizzazione, crisi d’identità e mancanza di profondità, edonismo e ricerca della bellezza, ibridizzazione ….

“Se per il movimento moderno lo sforzo era stato di omogeneizzare, per il  postmoderno è differenziare, se il criterio ieri era la razionalità, oggi è l’identità, se ieri era l’universalismo, oggi il particolarismo, se ieri era la funzione, oggi è il piacere (…) affermazione del principio di comfort rispetto a quello di realtà”[3].

Urbanisti come B. Secchi individuano i fattori di cambiamento della città, considerati determinati per il futuro: a) l’autonomia dell’individuo che si esprimerebbe attraverso, per esempio, il rifiuto dell’anonimato, la perdita del senso comune, o di appartenenza; b) la concentrazione/dispersione urbanistica, già accennata, che si concretizza nella formazione di megacities o  città diffusa; c) la dimensione “quotidiana” della città; ed infine, d) la democratizzazione dello spazio basata nell’evidenza degli spazi abbandonati dal progetto moderno –periferie- risorti a nuova vita con nuove estetiche e nuovi valori.

Il tipo di città che si starebbe diffondendo in tutto il mondo si dispone sulla base di diverse realtà urbane, connesse tra loro e composte essenzialmente da un centro, che coinciderebbe con la città del desiderio, che produce e supporta immagini e realtà; da una città residuale, che non ha la forza di produrre un’immagine che sia altro di sé, e dalla città delle periferie e degli esclusi, cioè  la non-città o la città dei non-luoghi.

Le domande sociali rivolte alla città tenderebbero ad omologarsi, mentre gli attributi considerati irrinunciabili sarebbero, tra altri, competitività, seduzione, bellezza, varietà, centralità, fruibilità, sicurezza. La città nuova lo sarebbe quindi non solo per la sua forma, ma anche per l’organizzazione, la cultura e l’immagine. La mutazione incorsa nelle città moderne non consisterebbe unicamente in quella strutturale ma anche e innanzitutto culturale. Essa coinvolgerebbe, il city scape, cioè il panorama fisico, ma anche e soprattutto (specialmente nel caso italiano in cui la trasformazione sul piano fisico della città postmoderna sarebbe ancora moderata) il mind scape dato che agisce  sull’immaginario collettivo, sull’anima e sulla cultura della città.

Detto in altri termini, la radicale trasformazione moderna delle città inciderebbe sulle tre dimensioni della città: la urbs, la civitas e la polis. Il geografo Horacio Capel attribuisce agli architetti e all’urbanistica precise responsabilità, ricondotte alle suddette tre dimensioni della città[4] e argomentate sull’esempio emblematico della città di Barcellona, considerata questa ultima come un “modello” da mettere in discussione[5] (H. Capel, 2006, 2007).

Lo spazio pubblico (inteso sia come spazio fisico che come ambito della vita quotidiana e della cittadinanza), condizionato dai tre processi mondiali suddetti (globalizzazione, informatizzazione ed espansione urbana),  assume chiaramente nuovi connotati e qualche elemento di crisi essenziale determinato dalla imposizione di una logica centrata nel mercato e nella conseguente  privatizzazione degli spazi pubblici. Tale situazione suscita interessanti riflessioni sia in campo urbanistico che politico. Nel pensiero della filosofa Hannah Arendt, la Politica costituisce parte integrante dello spazio pubblico, esso è tradizionalmente vincolato sia all’urbanistica che allo spazio fisico di convivenza nella città (M. D. Borrell Merlín, 2005). Ma l’individuo oggi, come argomenta l’autore argentino Néstor García Canclini, è considerato prima di tutto un consumatore che, conseguentemente, non rispetta norme comportamentali e non assume identità stabili.

Lo spazio pubblico è stato da sempre un luogo di riti e di libertà anonime, ma nell’attualità  gli spazi collettivi appaiono direttamente dipendenti dalle strategie del consumo e di conseguenza sono controllati, filmati, registrati, configurandosi come spazi senza libertà. Inoltre presentano spesso una doppia valenza: forme definite e zone “grigie”, a metà tra il pubblico ed il privato (Philip Esteves in P. Brandão; A. Remesar, 2000).

La concentrazione delle persone negli spazi del consumo, sembra costituire la causa principale dell’indebolimento e del depauperamento del centro della città. Ai nuovi stili di vita, improntati sulla mobilità crescente ma priva di riferimenti geografici particolari, viene attribuita la perdita di significato degli spazi urbani tradizionali (piazze, strade, attrezzature collettive).  La mobilità delle persone nelle sue diverse forme (coatta quando determinata dal pendolarismo, erratica quando gli spostamenti sono indotti da logiche spaziali diverse e molteplici, ribelle quando è di fuga e di rifiuto della condizione di povertà) determina un aumento della circolazione e con esso delle aree destinate alla sosta dei mezzi di trasporto, i parcheggi (C. Mattogno, 2002).

La trasformazione dello spazio pubblico si assocerebbe dunque, alla mutazione della città, composta sempre di più da frammenti di città, e dall’alterazione delle caratteristiche intrinseche di uno spazio collettivo, che si basano sulla molteplicità degli usi e degli incontri sociali e sull’autenticità delle interazioni (Rodrigo Salcedo Hansen, 2002) 

In termini specifici, se pensiamo alla edge city, realtà propria delle città nordamericane, più volte ricordata da J. Borja, M. Castell, G. Amendola  ed altri, lo spazio pubblico sembrerebbe inesistente. Non possiamo dire lo stesso delle città mediterranee europee: gli spazi pubblici di città come Barcellona, ad esempio, suscitano l’invidia dei giapponesi che vorrebbero avere strade e piazze con la stessa vitalità sociale e culturale ed a tale scopo vorrebbero rinvenire “ricette” per fabbricarle (L. Fracasso, 2006)[6].

Attribuire precise categorie di differenziazione dello spazio pubblico non è dunque una questione meramente tecnica, come ricorda Philips Esteves, ma riguarda il modo in cui tanti piccoli spazi si incastrano gli uni con gli altri entrando a far parte di una dinamica di vita quotidiana urbana. La costruzione di uno spazio pubblico, considerato nella componente sincronica e diacronica, è da intendersi, da una parte, come il prodotto di un’azione collettiva, e dall’altra come memoria riferita agli usi degli spazi. La memoria permette di consolidare la natura simbolica di uno specifico spazio pubblico.

Lo spazio pubblico è dunque un luogo d’incontro e d’identificazione della comunità, di divertimento, di contemplazione, un supporto alla circolazione delle persone e dei veicoli, uno spazio complementare alle attività economiche ed un potenziale strumento di sviluppo sostenibile. Nella città contemporanea sorgono, inoltre, nuove forme di spazio pubblico “meno codificate e più fluide”, risultato delle nuove forme di aggregazione sociale. Come ricorda Mattogno,  i modi e i significati, anche simbolici dell’incontro, trovano sempre meno espressione nella materialità fisica dello spazio per privilegiare forme meno visibili di pratiche, di attese e di eventi.

Dalla privazione sensoriale alla ricerca dei caratteri percettivi

Già in altre occasioni, con uno “sguardo esule”[7] ho cercato di cogliere alcuni aspetti dello spazio pubblico della mia città e gli stili di vita dei miei concittadini, propri di una città italiana, mediana, meridionale, di provincia. Si tratta di un esercizio che realizzo da qualche anno in un continuo sforzo di ambientamento. Tale sforzo mi porta a perdermi e a fare poi mente locale, come direbbe l’antropologo Franco La Cecla,  proprio come se continuassi a vivere in una metropoli, una di quelle in cui ho abitato per vari anni in diverse circostanze della mia vita (Milano, Roma, Bogotà, Barcellona…).

La peculiare condizione di abitante onnipolitano teorizzata da Paul Virilio -cioè di cittadino della “città senza limiti” che smarrisce i riferimenti spazio-temporali- è coerente con il nuovo habitat prodotto dell’informatizzazione e della globalizzazione. Probabilmente esiste una forte correlazione tra la condizione di onnipolitano e quella di napolide descritta da Erri De Luca, con la quale mi identifico di più. Questa ultima condizione si riferisce a chi è andato via da Napoli o, per estensione, dal sud Italia, e non  “attecchisce” più in nessun altro posto, e poi neanche più in quello di origine. In entrambi i casi, l’elemento caratterizzante della condizione di abitante è la constatazione della simultaneità dei luoghi (virtuale e psichica) e della compressione spazio-temporale (virtuale) che fanno dell’habitat o dell’ambiente non più ciò “che sta intorno” (dal latino ambiens)  o che ci circonda, ma quello che ci è addosso, come un abito.

Per dirlo con le parole di Virilio:

“La densità delle distanze annullate succede allora all’immensità delle sostanze estese, a questa rotondità geofisica che conteneva il nostro HABITAT (...) Ormai, l'habitat della specie animata non é quasi più altro che un ABITO che combina intimamente l'esterno e l'interno. Rivestiti di climi "simultanei" e non più "successivi" come quelli delle stagioni, il DENTRO non é quasi più altro che la fodera satinata del FUORI, ma di tutti i "fuori" - dalla pelle fino gli antipodi, compiendo alla perfezione la profezia di Paul Valéry, che dichiarava, come ricordiamo: "Ciò che vi é di più pro­fondo nell'uomo, é la pelle"[8].

L’idea che sostengo è che l’essere o il sentirsi parte di una città globale può produrre nella pratica multiple dislocazioni fisiche,  psichiche e virtuali, a volte dolorose. Come sostiene Georges Perec “Gli spazi si sono moltiplicati, spezzettati, diversificati. Ce ne sono oggi di ogni misura e di ogni specie, per ogni uso e per ogni funzione. Vivere è passare da uno spazio all’altro, cercando il più possibile di non farsi troppo male”.

Nella situazione di onnipolitano le persone diramano attività, ambizioni e progetti in molte e diverse direzioni, tutte viabili, nessuna definitiva. Nelle frequenti dislocazioni le persone non hanno più il tempo per “stare” e “sentire” la città e finiscono spesso in una situazione di privazione sensoriale. Come risulta piuttosto evidente, la percezione sensoriale sta subendo dei cambiamenti, coerentemente con la sensazione generalizzata di mancanza di tempo per svolgere le attività quotidiane.

Un detto popolare foggiano dice: “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi”, l’espressione sembra perfetta per riferirsi anche a questa continua corsa esistenziale che ci fa percepire gli elementi del paesaggio urbano come tutti identici, e i posti tutti uguali. Non si riconoscono le peculiarità dei luoghi e non si è più in grado di osservare la realtà delle città. Insomma l’opinione che si diventa un po’ “ciechi”,  sembra condivisa anche da Magnotta la quale afferma: “l’attenzione si presta solo dinanzi all’insolito, all’originale, all’eccessivo. In tal modo la sensibilità viene anestetizzata, tutto è vissuto attraverso esperienze di seconda mano e non abbiamo più cognizione dell’esperienza diretta”.[9]

La situazione di privazione sensoriale parte dalla diluizione del sentire[10] per arrivare al suo estremo: l’inerzia del contemplatore. Nel primo caso, la diluizione del sentire si riferisce ancora ad un ambito locale, ad un luogo, nel secondo invece, l’inerzia del contemplatore, ci annuncia il “crepuscolo dei luoghi”. Detto con le parole di Virlio: “non é divenuto inutile soltanto viaggiare lontano, andare laggiù, ma anche voltarsi, giacché tutte le superfici sono ormai faccia a faccia[11]

La richiesta d’estetica, determinata in buona parte dallo “sguardo del turista”, presente oramai in ogni città, sta generando un cambiamento anche nel significato dell’arte. La “turistificazione[12]” sta richiedendo allo spazio urbano specifici attributi quali bellezza, varietà, centralità, fruibilità. Quanto detto sembrerebbe in contraddizione con il processo di privazione sensoriale appena descritto. In realtà, ciò che abbiamo definito “privazione” sensoriale può essere definito più propriamente  come una forma di “ricezione distratta”. Questa, secondo il filosofo Walter Benjamin, non sarebbe altro che un mutamento dei modi e dei generi della percezione sensoriale determinato dal mutamento dei modi complessivi d’esistenza delle collettività umane. 

La citazione che segue è di Yves Michaud, egli, sulla base del pensiero di Walter Benjamin  descrive il tipo d’attenzione che s’instaura tra immagini e referenti che viene paragonato a una specie di scansione rapida: l’immagine, diventando così fluida e mobile, si renderebbe sempre meno spettacolo e sempre più elemento pragmatico in una catena di azioni, di metamorfosi fantasmagoriche. Influenzati dalla televisione, la percezione dell’uomo contemporaneo, abituato allo zapping di immagini, si renderebbe così “senza memoria”, destinata ad operare “in un eterno presente”. Privati del senso della lontananza  e della memoria, l’aura di un’opera d’arte non può più esistere e nella percezione non si stabilisce più nessun rapporto con l’origine delle cose.

“Si passa da un mondo in cui lo spettatore si raccoglieva davanti alle opere, per immergersi in esse o farle entrare dentro di lui, un coinvolgimento totale in un senso o nell’altro- a un mondo in cui la massa distratta è condizionata da immagini fatte per procurarle il massimo piacere: si apre l’epoca della “ricezione nella distrazione” [13].

Gli argomenti sviluppati fin ora si riferiscono ad una polarità antitetica che si stabilisce tra ciò che è metropoli, e che si dilata alimentata dal sistema delle reti, e ciò che è città familiare, storia culturale, nella quale si riconoscono più facilmente i luoghi. Il luogo è qui inteso come un sistema di relazioni in­terne -culturali, storiche, morfologiche, economiche…-, che vengono tradotte e rapportate in un sistema più ampio:  la dimensione globale. Verso la dimensione globale, il luogo si apre a prospettive di comunicazione e sviluppo per conformarsi parte di un "sistema dei luoghi".

Ciò che ci interessa sottolineare, non è tanto l’aspetto di una apertura al “globale”, che dovrà essere comunque critica ed adeguata, quanto piuttosto il carattere auto-referenziale ed  auto-organizzativo che possiede il luogo[14]. Si tratta di quel processo continuo di iden­tificazione, rappresentazione e trasformazione che il luogo, ed i suoi abitanti, mettono in atto e che si riflette chiaramente nello spazio pubblico.  Ritengo in sintesi  che lo spazio pubblico rappresenti lo specchio dell’identità territoriale[15]. Il tal senso, lo spazio pubblico, così come il luogo, costituiscono, come già si è evidenziato, un riferimento complesso nel quale avvengono sovrapposizioni spaziali ma anche di ambiti vissuti da soggetti dove si stratificano esperienze, percezioni, avvicendamenti.

In questa duplice dimensione globale e locale, sorgono nuove esigenze di progetto e si rinnovano gli approcci all’urbanistica. Il nuovo urbanismo sembra attribuire maggiore importanza ai luoghi ed alle persone. Nella ricerca dei caratteri percettivi dello spazio, sembra che si stia riscoprendo la piccola dimensione, quella della quotidianità che, a detta anche degli artisti,  può avvenire soprattutto camminando a piedi per le strade. Per gli architetti come Mottogno, si tratta di andare a piedi “senza fretta, guardandosi attorno alla ricerca di orizzonti domestici e riconoscibili”, per architetti come Francesco Careri, del collettivo artistico Stalker, si tratta soprattutto di segnare un “percorso” inteso “come forma estetica a disposizione dell’architettura e del paesaggio”. In questa azione di segnare un percorso subentrano simultaneamente l’ “atto di attraversamento (il percorso come azione del camminare), la linea che attraversa lo spazio (il percorso come oggetto architettonico) e il racconto dello spazio attraversato (il percorso come struttura narrativa)”[16]

Il desiderio di prendersi cura dei luoghi sarebbe dunque collegato al desiderio di ristabilire un rapporto affettivo tra lo spazio e i suoi abitanti. Dall’attenzione posta agli elementi minuti della piccola scala, ci si attende lo sviluppo di un necessario sguardo critico rivolto alle componenti essenziali del vivere. Gli elementi di novità richiesti dal progetto urbanistico contemporaneo, presentano interessanti punti di contatto con le esperienze di diversi collettivi artistici urbani per i quali la ricerca e l’esaltazione dei caratteri percettivi dello spazio urbano costituiscono il punto di partenza per il nuovo genere di arte pubblica. Quest’ultima si definisce tale non perchè consiste in un lavoro commissionato da enti pubblici o privati, ma perchè si rivolge “a un pubblico ampio e differenziato ragionando sui cambiamenti sociali e l’interazione”[17]. Inoltre, si definisce “nuovo genere” perchè si incardina  in un nuovo rapporto artista-pubblico in grado di ricostruire la relazione fra l’individuo e la comunità, fra l’artista e le persone nel contesto concreto della loro vita.

“Per il new genre public art scegliere di lavorare fuori dai luoghi espositivi significa lavorare nel contesto urbano come luogo delle condizioni concrete di vita e anche sulle forme di interazione sociale fra le persone, per cui l’artista si colloca, in un rapporto orizzontale di collaborazione”[18].  Come una “soggettività antropologica, l’artista entra nel territorio dell’altro e compie delle osservazioni sulle persone e i luoghi attraverso la propria interiorità. In questo modo l’artista diventa il tramite di esperienze di altri, e il lavoro una metafora di quella relazione”[19].

Come ricorda Edward T. Hall nei suoi studi di prossemica, le osservazioni si basano sulla percezione spaziale, essa si serve dell’apparato sensoriale dell’uomo, che egli  differenzia in due categorie: a) ricettori  di  distanza,  connessi  all'esame  di  oggetti distanti: gli occhi, le orecchie e il naso; b) ricettori  immediati,  usati  per  esaminare  l'ambiente più prossimo, il mondo del tatto: pelle, membrane e muscoli. Hall menzionando il pittore cubista Georges Braque ci parla dell’esistenza di uno spazio visivo, che sarebbe quello che stacca gli oggetti l'uno dall'altro, e di uno spazio tattile, quello che separa il soggetto dagli oggetti. Per Braque, l’esperienza comune dello spazio, se narrata con la prospettiva "scientifica" risulta essere un trucco ingannevole  e  fuorviante, “un  brutto  trucco”  che  renderebbe  impossibile all'artista la realizzazione e la trasmissione di  un'esperienza piena dello spazio.

La realizzazione e la trasmissione dell’esperienza “piena” nello spazio pubblico[20] costituisce una componente sempre più rilevante dell’architettura, dell’urbanistica, del paesaggismo, dell’ urban design dato che conferisce caratteri di riqualificazione agli spazi e coinvolge direttamente gli abitanti. Spesso si tratta di aree di margine, vuoti urbani, spazi abbandonati o in via di trasformazione; spazi di convivenza quotidiana, fatti di piazze, parchi, rotonde, porte d’entrata e di uscita della città; “scarti” o retri urbani; luoghi minacciati dalla speculazione urbanistica o dall’aggressione ambientale.

Le esperienze artistiche del nuovo genere di arte pubblica, viaggiano in direzione opposta alla privazione sensoriale di cui abbiamo parlato sopra, sia essa determinata dalla diluizione del sentire o dall’inerzia del contemplatore. Anzi, nello spazio pubblico le esperienze artistiche esaltano il valore della percezione e  l’ atteggiamento di ascolto necessario per poter poi, attraverso il progetto, entrare in dialogo con il luogo e i suoi abitanti.

Mappatura dei territori e orditura dei fatti

A continuazione si presenta a titolo d’esempio, ciò che potrebbe definirsi il modus operandi di alcuni collettivi di artisti che da più parti e con linguaggi analoghi, intervengono nello spazio urbano. Essi, con un approccio aperto al dialogo con gli abitanti, contribuiscono spesso alla comprensione e alla costruzione dello spazio urbano attraverso i sensi.

I Territori Attuali di Stalker,Roma

Il filosofo Maurice Merleau-Ponty sosteneva che ogni coscienza è coscienza percettiva e su questo lemma diversi collettivi di artisti hanno impostato il loro lavoro di ricerca-azione sul territorio. Il collettivo artistico Stalker si occupa dei Territori Attuali, aree cioè interstiziali e di margine, spazi abbandonati,  in via di trasformazione o in fase di “divenire altro” e che, in quanto tali, “risultano difficilmente intelligibili e quindi progettabili, perché privi di una collocazione nel presente, e (…) estranei ai linguaggi del contemporaneo”. Gli Stalker realizzano indagini su questi tipi di spazi a vari scopi che vanno dallo studio della praticabilità, alla rappresentazione ed al progetto. L’approccio è fortemente basato sui sensi e sul valore dell’esperienza diretta. Il loro è un lavoro di testimonianza più che di rappresentazione che difendono nel loro manifesto sostenendo che “l'archivio di tali esperienze è l'unica forma di mappatura dei territori attuali”. I sensi vengono adoperati per lasciare una traccia del loro contatto con l'oggetto o con lo “spettacolo” con il quale entrano in relazione. Detto con le loro parole “[ i territori attuali] fanno vibrare il nostro sguardo, virtualmente il nostro tatto, le nostre orecchie, il nostro senso del rischio, del destino o della libertà. Si tratta di depositare una testimonianza, non più di fornire delle informazioni”.

“Scarti” del Laboratorio Progetto Cultura, Apricena

Il Laboratorio Progetto Cultura dell’Associazione Scarti di Apricena, in provincia di Foggia, si muove nella stessa direzione, più specificatamente si occupa di luoghi abbandonati, “recuperati e trasformati, per il loro divenire fucine di idee dove il sudore della fatica nel ripulire gli spazi si mescola con l’estro della creatività”[21]. Anche in questo caso la relazione tra esperienza e progetto è diretta. Come ci ricorda Domenico Potenza i luoghi “che ai nostri occhi appaiono in forma definitiva e compiuta, sono spesso il risultato di una immagine convenzionale, pubblica, un esterno epidermico che, ad una sensibilità più profonda, svela spazi privati di diversa natura”. La schizofrenia, come egli la definisce, della relazione tra la dimensione domestica dell’abitare, il privato e la dimensione collettiva del rapporto con il pubblico, vengono narrati dal suddetto collettivo di artisti attraverso i sensi e in tutti i sensi: musica, spettacolo, pittura, scultura, cinema, performance e istallazioni.  Riuniti in un evento[22] hanno saputo sfruttare positivamente le sinergie tra le istituzioni ed hanno rimesso al centro dell’attenzione l’essenza stessa dello spazio pubblico, cioè la sua natura collettiva, di dibattito, di creatività sociale, di innovazione. Affrontando il tema della cultura, hanno affrontato quello del degrado e della marginalità, sia fisica che sociale. In questo caso l’uso dei sensi è servito per lavorare artisticamente sui contrasti presenti nel territorio con molteplici linguaggi artistici, per far emergere le idiosincrasie del luogo.

Portes Obertas della Plataforma Salvem el Cabanyal,  Valencia

L’iniziativa culturale Portes Obertas promossa da un gruppo di intellettuali ed artisti, Plataforma Salvem El Cabanyal, nasce in opposizione al progetto del municipio di Velencia di intervenire, con il prolungamento della via Avenida Blasco Ibáñez, sul tracciato urbanistico storico del quartiere El Cananyal. Il progetto, nato per collegare Valencia con il suddetto quartiere, raggiungendo con una larga via il mare, fu approvato attorno al 1993 ed ammetteva  la distruzione di 1.651 abitazioni, l’esproprio di 116.265 mq di suolo, corrispondente a 165.016 mc di costruito.  La distruzione avrebbe interessato un ambito urbanistico periferico, popolare, considerato “Bene di interesse culturale”, composto da edifici centenari, di pescatori, ricco di simboli e di identità, testimonianza di un modo di vivere dell’uomo in relazione con il mare. 

Le rivendicazioni della Plataforma puntarono, in opposizione al suddetto progetto, alla definizione di un piano strategico di sviluppo economico e sociale per facilitare il recupero e la conservazione delle strutture fisiche. Si trattava di una proposta concreta con obiettivi concreti. La Piattaforma denunciava l’applicazione da parte del  municipio di un’arma “criminale e crudele” adottata per portare a termine il proprio progetto. L’arma si basava nel tartassamento psicologico realizzato nei confronti degli abitanti con i mass media, al fine di lederne l’autostima,  generare alienazione, provocare divisioni tra vicini di casa o di strada. Si trattava di una forma di violenza difficile da denunciare contro la quale la Plataforma organizzò un evento artistico, Portas Obertas per l'appunto.

Gli artisti e le loro opere sono servite per attirare l’attenzione sul problema urbanistico[23]. La percezione e i sensi degli artisti sono stati indispensabili per entrare in relazione con la struttura formale del quartiere, con il vissuto dei suoi abitanti, con la memoria e l’identità del luogo. Le opere artistiche infatti sono state albergate nelle case degli abitanti, poi aperte al pubblico durante i giorni dell’evento con lo scopo di far conoscere la realtà di ciò che stava realmente in gioco nel El Cabanyal. Le opere artistiche, che non avrebbero potuto intralciare o compromettere la quotidianità degli inquilini, si basarono su proiezioni, istallazioni, istallazioni video interattive, mappe, sculture, dipintio o graffiti. 

Le Psicogeografie e Anatografie a Barcellona

Il collettivo di artiste denominato “Attico8” o “Domicilio sn”, (dipendendo da come articola i suoi componenti[24]), si è formato a Barcellona nel 2004, e realizza interessanti azioni artistiche partecipative che esplorano le sensazioni e le emozioni dei partecipanti in relazione a specifici spazi, perlopiù pubblici. Gli interventi si basano sull’ipotesi che ciascuno può narrare le proprie sensazioni, i propri immaginari, i propri territori, la propria quotidianità, le proprie necessità, il proprio vivere. Le storie di ciascuno spesso si sfiorano, costruiscono identità, generi, significati e cariche emotive che dotano i luoghi di valore e simbolismo che nell’insieme narrano la storia della città. “Le città sono tante, tante quanti sono gli abitanti”, sostiene il collettivo e le loro “opere d’arte” consistono nella messa in scena di un esercizio partecipativo di localizzazione su mappa di una serie di fatti o vicende accadute a passanti, turisti o cittadini nello spazio pubblico di una determinata città. Si tratta di frasi allusive, emozioni, sensazioni, affetti, il tutto stampato su materiali autoadesivi che vengono abbinati ai luoghi e giustapposti su una mappa del luogo. Questa messa in scena è un processo di analisi e di lettura della città attraverso le percezioni, i sensi. La mappa così elaborata contiene informazioni fisico-infrastruttrali che si riferiscono a fatti economici o turistici. Ma il vero senso dell’opera, come sostengono le artiste,  è quello di sovrapporre a tutte le lettura possibili, la rete, l’orditura dei fatti,  tracce e segni che ciascuna persona vive e lascia in una città. Il riferimento è dunque non propriamente al city scape ma al mind scape già riferito nel testo. Si costruiscono in questo modo le Psicogeografie urbane[25] o le Anatografie Urbane che si rifanno alla teoria ed alla attività artistica dei Situazionisti degli anni sessanta.

“24 horas un línea en la ciudad” l’arte effimera urbana del collettivo  POCS

L’Associazione POCS – Project for Open and Closed Space Sculpture- riunisce un collettivo internazionale di artisti che per qualche anno ha realizza a Barcellona un evento denominato 24 horas un línea en la ciudad[26]. L’evento si realizzava lungo un asse virtuale che passava per punti emblematici della città: il mercato della Boqueria, la Rambla, la piazza del municipio…I luoghi venivano sottoposti ad osservazione per cercare di coglierne l’essenza e l’incessante attività della città, “ventiquattro ore su ventiquattro”.  Le opere d’arte urbana proposte dagli artisti di POCS  dovevano essere rigorosamente effimere e prodotte rispettando una precisa metodologia di lavoro che portava a mediare e ad articolare gli interventi,  individuali o di gruppo, studiati e dibattuti, della durata di un mese. La metodologia prevedeva, infatti, nella prima settimana, un lavoro di campo, basato su rilevamenti registrati su dei “taccuini” i quali venivano, nella settimana successiva, sottoposti alla discussione collettiva. In questa fase di “rilevamento” emergevano importanti questioni della città concernenti sia agli aspetti urbanistici che sociali, culturali, ecologici… Nella terza settimana, avveniva la messa in comune dei  contenuti del progetto d’intervento artistico. I partecipanti al laboratorio 24 horas un línea en la ciudad presentavano le proposte, le articolavano coordinando tempi e modi. Infine, realizzavano l’intervento coprendo un intervallo di 24 ore, implicando progetti realizzati in diverse ore del giorno o della notte. Nelle edizioni successive alla prima (prima edizione 2003, seconda e terza edizione, 2004, 2005) i laboratori sono diventati attività interurbane, poiché gli artisti hanno operato in rete con altre città, tra cui Quilmes (Argentina), Medellin (Colombia), Foggia (Italia), San Paolo (Brasile). I temi affrontati sono stati: migrazioni, integrazioni culturali, produzione e riqualificazione urbana, relazioni interpersonali.

Sensi, stigma e biografie in un esempio di arte relazionale

Le psicogeografie urbane, che abbiamo descritto servendoci dell’esperienza del collettivo Attico 8, si basano sulla soggettività dei sensi e delle sensazioni. Evidentemente non c’è un sentire migliore di un altro o un sentire più giusto di un altro ma, nella diversità del sentire, ci accomuna la ricerca del piacere dello stare e del sentire.

In un programma denominato “Tutti uguali, tutti diversi”, promosso in occasione della giornata nazionale dedicata alla salute mentale, un piccolo gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Foggia e di pazienti, psicologi ed operatori del Centro di Salute Mentale dell’ Azienda Sanitaria Locale FG/3 di Troia, ha messo in scena un’opera ispirata all’arte relazionale. L’autrice Lorenza Pirelli, la quale ci parla delle opere di Nicolas Bourriaud e Rirkrit Tiravanija, padri dell’arte relazionale, definisce quest’ultima come un tipo di arte apparsa a metà degli anni novanta e basata sullo scambio fra l’oggetto artistico (la cena, il ballo, o altro) ed il visitatore. Si tratta di uno scambio alla pari dove l’arte cercherebbe il suo interlocutore creando collaborazione o convivialità con gli individui dentro lo spazio d’esposizione, uno spazio delle relazioni che ha al centro il tema dell’essere assieme[27].

L’esperienza realizzata nel contesto del programma suddetto, è stata assimilata ad un “gioco”, denominato “Se fosse...”, concepito per far emergere la natura del rapporto che si stabilisce tra persone, lo spazio pubblico e la realtà di piccoli o mediani centri urbani quali sono, ad esempio, Troia, San Severo o Foggia. L’attenzione è stata rivolta alla percezione sensoriale di soggetti vittime di stigmatizzazioni (gli utenti del suddetto centro di salute mentale) con lo scopo di farne emergere in maniera creativa ed interattiva, da una parte l’affezione o la disaffezione ai luoghi che potrebbero essere condizionati dallo stigma e, dall’altra, il racconto biografico cosciente che assume molta importanza nei laboratori civici riconosciuti come spazi pubblici e di cittadinanza in costruzione[28]

Il racconto biografico è considerato in sociologia come un elemento determinate dei processi creativi orientati alla risoluzione dei conflitti sociali. La “ri-conquista” dello spazio pubblico nell’esperienza, per esempio, del Collettivo di Studi Biografici e di Mediazione comunitaria Bastida dell’Università di Barcellona, passerebbe attraverso, da una parte, le dinamiche individuali e collettive e, dall’altra,  le potenzialità creative  rivolte a far confluire l’ambito personale (spazio privato) con  quello della politica (spazio pubblico). La frattura di queste due dimensioni sarebbe determinata dalla contraddittoria cultura liberale che, se esalta l’individuo come soggetto libero, emancipato, d’altra parte  distingue gli ambiti privati da quelli pubblici, prescritti dal contratto sociale del Werfare State.

In tal senso, la ri-conquista degli spazi pubblici, le biografie, costituiscono, uno strumento per ricostruire le conoscenze o comprendere ed interpretare la società,   ma anche diventano lo strumento utile di lavoro per intervenire nella società. Il lavoro biografico è  svolto dai suddetti Collettivi attraverso interviste e conversazioni; l’intervistatore cercherebbe di generare la narrazione evitando che l’intervistato dia risposte argomentate; egli praticherebbe soprattutto l’ascolto-attivo stabilendo con l’intervistato relazioni simmetriche[29].

Sulla base di un ampio lavoro percettivo e di rilevamento fotografico realizzato a Foggia e San Severo, per la realizzazione del gioco “Se fosse....”, si è passato in rassegna tutte le principale piazze o luoghi pubblici dei due centri urbani menzionati. Con il rilevamento fotografico si è realizzata la costruzione di un kit di gioco da sottoporre senza distinzioni ai partecipanti.

Il kit era composto da diversi cubi in plexiglas -nei quali sono stati collocati pigmenti colorati, cibi dai sapori inconfondibili - dolce, amaro, piccante, acido, essenze profumate- e da altri cubi di vario materiale tra cui il marmo, il legno, il lattice, materiale rifinito con vernice sintetica o combinato incollando lunghi chiodi appuntiti. Inoltre sono stati selezionati suoni e brani musicali associabili a differenti ed inequivocabili stati d’animo: allegria, tristezza-melanconia,  irritazione-nervosismo.

Il gioco, “Se fosse…” è stato avviato su immagini proiettate passate come uno zapping e riferite agli spazi pubblici di Foggia e di San Severo, chiedendo ai giocatori di associare all’immagine riconosciuta come significativa o evocativa, una serie di attributi da esprimere attraverso le sensazioni: gusto (sapore), olfatto (odore), vista (colore), tatto (materiali), udito (suoni), come una sorta di “censimento sensitivo”. In un secondo tempo, una volta acquisito il linguaggio, il gioco si è sviluppato per le strade e gli spazi pubblici di Troia, nei luoghi indicati dai giocatori e riconosciuti come piacevoli o spiacevoli.

La narrazione delle sensazioni avveniva scegliendo e toccando con mano i cubi associati a ciascun senso. Dal racconto attraverso i sensi, i partecipanti sono poi passati ad esprimere le emozioni associate allo spazio scelto, messe in relazione con i ricordi, la memoria dei luoghi, la propria vita vissuta. Il gioco è stato filmato in ogni sua parte e restituito in forma di documentario[30]. L’edizione del video coglie il dettaglio, la ripetizione del gesto, l’ espressione, il senso del discorso.

 Il kit del gioco si è mostrato come un espediente utile per innescare l’ intervista biografica, mentre il linguaggio artistico si è mostrato molto efficace per far emergere le emozioni, la memoria ed il sentimento. Tutta l’esperienza è servita per fare entrare in relazione i partecipanti rompendo la dicotomia del “noi”  (normali) e  del “loro” (matti).

Conclusioni

Il processo della globalizzazione ha generato impatti assai rilevanti nella struttura spaziale e sociale delle città. La città contemporanea diventa città-territorio; la società diventa società di flusso ed il potere e la ricchezza sono organizzati in reti globali che trasportano flussi di informazione. La combinazione di dispersione spaziale e integrazione globale caratterizza la città postmoderna, quest’ultima starebbe ridefinendo ogni giorno sia la forma che il suo significato.

Nel processo di cambiamento lo spazio pubblico assume nuovi significati, differenziandosi in spazi pubblici del tipo tradizionale e spazi pubblici non ancora codificati. In ogni caso, la logica centrata sul mercato starebbe privando lo spazio pubblico dei suoi significati essenziali. L’evidenza di questi fenomeni descritti da noti geografi, urbanisti ed architetti, non avrebbe la stessa valenza in ogni luogo. Neppure nella gerarchia delle reti di città che configurano la città globale. Le città intermedia o quella con una funzione trascurabile nella città globale, presentano vantaggi e svantaggi nella vitalità degli spazi pubblici.

Nella città globale, il cittadino rappresenta un onnipolitano che vive in un habitat molto condizionato dalla compressione spazio-temporale generata dall’informatizzazione. L’incontro del dentro con il fuori, del vicino con  il lontano e dell’essere qui e ovunque allo stesso tempo crea dislocazioni fisiche e psichiche che condizionano la capacità di sentire i luoghi. La privazione sensoriale, l’inerzia del contemplatore  o la ricezione distratta appaiono come una conseguenza di questa maniera di vivere alla quale sembrano reagire i diversi collettivi di artisti impegnati sul fronte della riqualificazione degli spazi pubblici.

La realizzazione e la trasmissione dell’esperienza artistica urbana viaggiano in direzione opposta all’intorpidirsi dei sensi, incluso il sesto senso identificato come quello della comunicazione. Gli esempi riuniti in questa relazione palesano il valore dell’esperienza diretta, della ricerca-azione e dell’uso dei sensi come forma-altra di mappatura del territorio,  realizzata questa ultima non tanto per apportare informazioni, quanto per depositare testimonianze del vissuto.

L’esperienza diretta nei luoghi abbandonati, al margine, in divenire, scartati, o di risulta dimostra il loro essere fucine di idee, di creatività collettiva, di mediazione di conflitti, di sinergie positive che trasformano le occasioni in occasioni sfruttate, che ristabilisco il vero senso dello spazio pubblico, cioè la sua natura collettiva, generatrice di opinioni e di innovazioni.

La partecipazione degli artisti nel dibattito sulla città si dimostra fondamentale data la capacità che essi hanno di rilevare ciò che invece rimane fuori dall’osservazione scientifica, e di superare la mera descrizione approdando direttamente alla capacità di far vedere e sentire le situazioni.  Gli artisti, assieme agli intellettuali ed ai cittadini, possono lavorare a favore dell’identità territoriale, della coscienza collettiva e della memoria dei luoghi, reagire al tartassamento psicologico effettuato con l’uso dei mass media  allo scopo di favorire determinati progetti concepiti a totale vantaggio della speculazione urbanistica o del mercato.

In tal senso, l’arte relazionale può favorire la costruzione del significato della città da parte dei suoi cittadini e, come si e visto nell’esempio del gioco “Se fosse…”, può aiutare ad affrontare  la stigmatizzazione alla quale sono sottoposti determinate categorie sociali.. La percezione sensoriale può fare emergere in maniera creativa ed interattiva, da una parte, l’affezione o la disaffezione ai luoghi, sentimenti che potrebbero essere condizionati dallo stigma e, dall’altra il racconto biografico, anello di congiunzione dell’individuo con la società.

Note

[1] Una versione ridotta di questa relazione, che includeva esempi riferiti alla città di Foggia, è stata presentata  il 25 marzo del 2008 con il titolo di Lo spazio pubblico attraverso i sensi  nel convegno ”Psicologia della forma e degli spazi tra arte e architettura” tenutosi nella Sala del Tribunale della Dogana nel palazzo della Provincia di Foggia, Organizzato dal Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza di Foggia e la Provincia di Foggia nel contesto della X Settimana della Cultura.

[2] Le dualità stimolate dalla crisi degli alloggi  e dei servizi urbani (specie nei paesi in via di sviluppo), dalle  disuguaglianze sociali nelle grandi città, dalla povertà urbana e dall' esclusione sociale. Si pensa che le dualità  possono essere moderate solamente da adeguate politiche sociali ed urbanistiche mirate all'integrazione.

[3] G. Amendola, 2003, p. 46-47

[4] H. Capel, 2004.

[5] H. Capel, 2007.

[6] L. Fracasso, 2006.

[7] L. Fracasso, 2002.

[8] Paul Virilio, 2004. p. 110

[9] C. Mattogno, 2002.

[10] Tina De Rosis, 1998. 

[11] P. Virilio, 2004.

[12] Il termine è utilizzato da Y. Michaud  op. cit. p. 120.

[13] W.  Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica , trad. it. Di Enrico Filippini,Torino: Enaudi, 2000.  Citato da  Yves Michaud, 2003.

[14] S. Caldaretti; L. Lieto, 1995.

[15] Esso viene inteso come il patrimonio culturale, economico, storico e naturale in grado di conferire caratteri di unicità (e di autenticità) ai contesti territoriali nei quali è strutturato. L'ambito è quello locale ed in relazione ad esso che vanno stabiliti il grado di ricettività alle trasformazioni di un intero sistema territoriale.

[16] F. Careri, 2006.

[17] S. Lacy, mapping the Terrain. New Genre Public Art, Seattle (Washington): Bay Press, 1995. Cit. da L. Perelli, 2006.

[18] L. Perelli, 2006, p. 53

[19] S. Lacy, op. Cit. p. 174.

[20] Per il valore dell'esperienza si veda l'evoluzione che vive l'arte contemporanea secondo il pensiero di Yves Michaud.

[21] F. Genchi “Presentazione”, Scarti, 2004

[22] Ci riferiamo qui al primo evento che ha avuto luogo nell' ex Macello Pubblico dal 1° al 15 settembre 2001. Curatore: Domenico Potenza in collaborazione con Antonio Angelucci, Michele Di Carlo, Francesco Genchi, Michele Sabatino, Martino D'Avena, Enzo Daliani Poli, Leo Scamozzo, Paolo Tedesco, Angelo Di Carlo. A questo evento se hanno fatto seguito degli altri.

[23] L'esperienza ricorda per alcuni versi quanto è avvenuto nel caso della fabbrica di Can Ricart a Barcellona.  Si veda Can Ricart, 2006.;  S. Clarós i Ferret,. L. Estrada i Robles. M. Tatjer i Mir. A. J. Roca,  A. Vilanova i Omedas 2005a, 2005b.

[24]Da una intervista realizzata nel 2006 a Liz Kuenek. I collettivi includono le artiste Liz Kuenek,  Margarita Pineta, Ximena Covaleda.

[25] La psicogeografia è stata definita dai Situazionisti come lo studio degli effetti dell'ambiente geografico, sul comportamento affettivo degli individui. MACBA Teoria de la Deriva i altres textos Situationistes (Texts by Guy Debord, Asger Jorn, Constant), Editor: Libero Andreotti and Xavier Costa, 1996; MACBA Situacionistas: Arte, Politica, Urbanismo,  Editors: Libero Andreotti and Xavier Costa, 1997.

[26] POCS, 2005.

[27] L. Perelli, op. Cit. P. 110

[28] Pensiamo ad esempio al gruppo Gats -Grups Associats pel Treball Sociocultural- attivo en el Baix Llobregat  en Catalogna con l'obiettivo di apportare riflessioni e proposte per trasformare la realtà di persone a rischio di esclusione sociale.

[29] E. Tejero I processi creativi nella risoluzione dei conflitti sociali relazione presentata per il convegno ”Psicologia della forma e degli spazi tra arte e architettura” tenutosi nella Sala del Tribunale della Dogana nel palazzo della Provincia di Foggia, Organizzato dal Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza di Foggia e la Provincia di Foggia nel contesto della X Settimana della Cultura. 

[30] “Se fosse…” formato colore PAL /mini DV, minuti 19,48. Direzione: L. Fracasso. (ideato da L. Fracasso e F. Cabanzo con G. D'Angelo, L. De Matteis, F. Di Cosmo, L. Marchetti, S. Pecoriello). Progetto “Tutti Uguali Tutti Diversi”, Accademia di Belle Arti di Foggia, ASL/FG Dipartimento misto di salute mentale 3, Centro di Salute mentale 3, Troia (FG).

Bibliografia

AMENDOLA, G. La città postmoderna. Magie e paure della metropoli contemporanea. Bari: Ed. Laterza, 2003

BENJAMIN, Walter. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica , trad. it. Di Enrico Filippini,Torino: Enaudi, 2000

BORJA J., CASTELLS, M. La città globale. Sviluppo e contraddizioni delle metropoli nel terzo millennio. Milano: De Agostini, 2002

BORREL MERLÍN, María Dolores. Hannah Arendt: la política como espacio público. VII Congreso Español  de  Ciencia Política y de la Administración: Democracia y Buen Gobierno. Madrid, 21, 22 y 23 de Septiembre de 2005. Area I . Teoría Política. Grupo de Trabajo I. AECPA [In linea] Madrid: Asociación Española de Ciencia Politica y de la Administracion 2004, http://www.aecpa.es/congreso_05/area1-GT01.php [5 maggio 2008]

BRANDÃO, Pedro; REMESAR, Antoni, Espaço público e a interdisciplinaridade- Espacio público y la interdisciplinariedad, Lisboa: centro português, 2000.

CALDARETTI , Sergio, LIETO, Laura. Il concetto di locale: origini disciplinari e approcci metodologici in SCANDURRA E. e MACCHI S., Ambiente e pianificazione. Lessico per le scienze urbane e territoriali.  Milano: Etaslibri, 1995

CAN RICART, Un espai urbà pel s. XXI un patrimoni viu: obert, productiu, creatiu, en xarxa.  Staddle 3. net. [In linea] Barcelona: Staddle3, 10 gennaio, 2006. http://straddle3.net/context/media/print/060121_dossier_canricart_s.pdf

CAPEL, Horacio. De nuevo el modelo Barcelona y el debate sobre el urbanismo barcelonés Biblio 3W Revista Bibliográfica de Geografía y Ciencias Sociales, Universidad de Barcelona, Vol. XI, nº 629, 25 de enero de 2006. http://www.ub.es/geocrit/b3w-629.htm

CAPEL, Horacio. El debate sobre la construcción de la ciudad y el llamado "Modelo Barcelona". Scripta Nova. Revista Electrónica de Geografía y Ciencias sociales. Barcelona: Universidad deBarcelona, 15 de febrero de 2007, vol. XI, núm. 233. <http://www.ub.es/geocrit/sn/sn-233.htm>

CAPEL, Horacio. El futuro de las ciudades. Una propuesta de manifiesto. Biblio 3W, Revista Bibliográfica de Geografía y Ciencias Sociales, Universidad de Barcelona, Vol. IX, nº 551, 10 de diciembre de 2004. http://www.ub.es/geocrit/b3w-551.htm

CARERI, Francesco. Walkscapes. Camminare come pratica estetica . Torino: Enaudi, 2006.

CLARÓS I FERRET, Salvador. ESTRADA I ROBLES Lluís. TATJER I MIR Mercè. ROCA I ALBERT Joan. VILANOVA I OMEDAS Antoni con la colaboración de Fundació Antoni Tàpies (Noemí Cohen) i del MACBA (Jorge Ribalta). Grup de Patrimoni Industrial del Fòrum de la Ribera del Besòs. Propuesta de Pla Integral de Patrimoni Industrial de Barcelona. Biblio 3W. Revista Bibliográfica de Geografía y Ciencias Sociales, vol. X, nº 581, 2005a. Barcelona, Universidad de Barcelona. [In linea]. http://www.ub.es/geocrit/b3w-581.htm

CLARÓS I FERRET, Salvador. ESTRADA I ROBLES Lluís. TATJER I MIR Mercè. ROCA I ALBERT Joan. VILANOVA I OMEDAS Antoni con la colaboración de Fundació Antoni Tàpies (Noemí Cohen) i del MACBA (Jorge Ribalta). Grup de Patrimoni Industrial del Fòrum de la Ribera del Besòs. Un patrimoni únic, un futur brillant, un model de fer ciutat Can Ricart- Parc Central de Barcelona. Nou projecte del Fòrum de la Ribera del Besòs. Biblio 3W. Revista Bibliográfica de Geografía y Ciencias Sociales, vol. X, nº 580, 2005b. Barcelona, Universidad de Barcelona. [In linea]. http://www.ub.es/geocrit/b3w-580.pdf

COLECTIVO ATICO 8. Psicografías Urbanas. Plaza de la Catedral 2004. Album. Dossiers dels artistes residents. Hangar.org [In linea]. Barcelona: Hangar, s.d http://www.hangar.org/gallery/album126 [5 maggio 2008]

DE ROSIS, Tina. Sensi e sensazioni in città. Campus Calabria. [In linea] Cosenza: Walter Belmonte-Campus Calabria. Anno III, nn.3-4, Maggio-giugno, 1998. http://www.csdim.unical.it/ospiti/campus/home.htm [5 maggio 2008]

FRACASSO, Liliana. Barcelona: un modelo en discusión y una realidad sin discutir. Biblio 3W. Revista Bibliográfica de Geografía y Ciencias Sociales, Universidad de Barcelona, Vol. XI, nº 673, 2006. [http://www.ub.es/geocrit/b3w-673.htm].

FRACASSO, Liliana. Il ritorno di uno sguardo esule. Osservazioni fluttuanti tra abbandoni e riconquiste di spazi concreti a Foggia, Protagonisti, n.15, Foggia, aprile 2002.

HALL, Edward T., La dimensione nascosta. Milano: Tascabili Bompiani, 1968

LA CECLA,  Franco. Mente Locale per un’antropologia dell’abitare, Milano: Elèuthera, 1993.

LA CECLA, Franco. Perdersi. L’uomo senza ambiente. Bari: Ed. Laterza, 1988.

LABORATORIO PROGETTO CULTURA (a cura di) Scarti.  Eventi di fine stagione. Foggia: Claudio Grenzi Editore, 2002

LABORATORIO PROGETTO CULTURA e del centro permanente di prima accoglienza culturale (a cura di) Scarti. Eventi di fine stagione. Foggia: Palmisano Edizioni, 2004.

MATTOGNO, Claudia. (a cura di). Idee di spazio, lo spazio nelle idee. Metropoli contemporanee e spazi pubblici. Milano: Franco Angeli, 2002.

MICHAUD, Yves, L’arte allo stato gassoso. Un saggio sull’epoca del trionfo dell’estetica. Roma: Edizioni Idea, 2003.

MIGANI, Alessandra. I sei sensi della città contemporanea. Digimage-mag di arte digitale e cultura elettronica. [In linea] Milano: Digicult Produzioni, n. 32, marzo 2008. http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=249 [5 maggio 2008]

PERELLI, Lorenza. Public Art. Arte, interazione e progetto urbano.  Milano: Franco Angeli, 2006

PLATAFORMA SALVEM EL CABANYAL- Canyamelar, VIII Cabanyal Portes Obertes 2005 Art i ciutadania. Valencia: Ed. Plataforma el Cabanyal, 2005.

PLATAFORMA SALVEM EL CABANYAL. Seguim lluitant, seguim resistint.[In linea]. Valencia: Plataforma Salvem el Cabanyal, 2001. http://www.cabanyal.com/  [5 maggio 2008] 

POCS. Magazine de arte (Rivista edizione in CD), Barcellona, Spagna: Editore Elenio Pico MIRALL-POCS, n. 01 anno 2005 

POCS. Project for open and closed space sculpture association. Sala Mirall. POCS. [In linea]. Barcelona: POCS, 2005. http://www.pocs.org [5 maggio 2008] 

SALCEDO HANSEN, Rodrigo. El espacio público en el debate actual: Una reflexión crítica sobre el urbanismo post-moderno. EURE (Santiago). [in linea]. settembre. 2002, vol.28, no.84, p.5-19. ISSN 0250-7161. Disponibile en la World Wide Web: http://www.scielo.cl/scielo.php?script=sci_arttext&pid=S0250-71612002008400001&lng=es&nrm=iso&tlng=es [5 maggio 2008]

SCANDURRA Enzo e MACCHI Silvia. Ambiente e pianificazione. Lessico per le scienze urbane e territoriali.  Milano: Etaslibri, 1995

SECCHI, Bernardo, “La ciudad contemporanea y su proyecto” en FONT Antonio (coordinador) Planeamiento urbanístico. De la controversia a la renovación, Barcelona: Diputación de Barcelona, 2003

STALKER. Attraverso i territori attuali. STALKER. [In linea]. Roma: Stalker, 2000 http://digilander.libero.it/stalkerlab/tarkowsky/manifesto/manifest.htm [5 maggio 2008]

VIRILIO, Paul. Città panico. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2004. p. 110.


© Copyright Liliana Fracasso, 2008
© Copyright Scripta Nova, 2008


Referencia bibliográfica

FRACASSO, Liliana. Lo spazio urbano attraverso i sensi: mappatura dei territori e orditura dei fatti. Scripta Nova. Revista Electrónica de Geografía y Ciencias Sociales.  Barcelona: Universidad de Barcelona, 1 de agosto de 2008, vol. XII, núm. 270 (120). <http://www.ub.es/geocrit/sn/sn-270/sn-270-120.htm> [ISSN: 1138-9788]